2 minuti per la lettura
CROTONE – La richiesta fu avanzata il 9 luglio scorso davanti a un magistrato della Dda dell’Aquila, ma ancora il pentito Luigi Bonaventura non ha ricevuto risposte. Chede, il collaboratore di giustizia, di ottenere lo status di testimone di giustizia per fatti di cui è venuto a conoscenza nell’ambito del programma di protezione. Fatti che ha già denunciato. Per questo il suo legale, l’avvocato Giulio Calabretta, ha chiesto l’estensione del programma di protezione. Potrebbe essere questa, secondo l’avvocato Calabretta, che ha diffidato il Ministero degli Interni a rispondere entro un termine di 30 giorni e chiede se siano stati acquisiti i pareri di Dda e Dna, minacciando un eventuale ricorso al Tar, la «soluzione alle varie problematiche che il collaboratore ormai da mesi sta denunciando e cioè assenza di mimetizzazione e impossibilità per la Commissione e quindi per il Servizio centrale di protezione di collocare Bonaventura e la propria famiglia in una località in Italia sicura, visto il forte radicamento della ‘ndrangheta in tutte le regioni del Nord Italia».
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA