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REGGIO CALABRIA – Noleggiavano macchine operatrici per il movimento terra, poi ne denunciavano il furto e le facevano sparire a Malta, truffando operatori commerciali e assicurazioni: sgominata banda criminale con esponenti legati alla ‘ndrangheta calabrese. Nella notte l’operazione congiunta di Polizia di Stato e Guardia di finanza di Viterbo, denominata ‘Ghost track’, ha portato all’arresto di otto italiani (sette in carcere e una ai domiciliari), sette dei quali di origini siciliane e calabresi. Denunciate altre 17, in seguito a 16 perquisizioni effettuate dal nord al sud della penisola. L’indagine, coordinata dal pm Paola Conti, non è ancora conclusa e al momento risultano circa venti i mezzi piazzati, per una truffa che si aggira sui due milioni di euro. I malviventi prima noleggiavano i mezzi – ruspe, caterpillar e trattori, del valore commerciale di circa 200 mila euro l’uno, non dotati di codici o numeri seriali di riconoscimento risultanti dai pubblici registri – poi li facevano sparire dall’Italia grazie a basi logistiche a Malta. Quando erano al sicuro, ne veniva denunciato il falso furto. Il centro di controllo e decisionale dell’organizzazione era formato da Giovanni Guarneri e Giuseppe Di Giovanni, mentre l’apparato logistico e operativo contava sull’appoggio di Francesco e Domenico Nucera, Vincenzo Franzè, Gianluca Segoni, Maurizio e Giuseppe Coco. In particolare, Di Giovanni e i fratelli Nucera sono legati a famiglie calabresi della ‘ndrangheta. Di Giovanni, da Novara, inviava i mezzi via terra verso il porto di Livorno, dove ripartivano verso Malta. Identico il percorso ma con partenza da Viterbo, dove operavano i fratelli Nucera, proprietari di una cava a Graffignano. Da Volterra e Roma invece i mezzi venivano spediti alla volta del porto di Civitavecchia, per poi essere imbarcati ancora verso Malta. Infine, dalla Capitale, grazie al supporto di Guarneri, Franzè e Segoni, partiva anche un percorso alternativo con destinazione Sicilia, da dove prendevano la stessa meta finale. E a Malta, a piazzarli, pensavano i Coco, di base proprio il Sicilia. Per tutti è lunga la lista dei reati contestati: associazione per delinquere, simulazione di reato, falso in atti, utilizzo di atti falsi, truffa, appropriazione indebita. 

 «L’operazione – dice il procuratore capo Alberto Pazienti – ha toccato tutta l’Italia da nord a sud, ci sono voluti due anni di indagini». Oltre 120 gli uomini impegnati nell’operazione, grazie alla collaborazione delle forze dell’ordine di Siracusa, Pisa, Perugia, Roma e Novara. «I mezzi – continua il pm Paola Conti – giravano con documenti falsi, in modo da poter circolare liberamente. Li abbiamo presi grazie alle intercettazioni telefoniche e ambientali, ma anche attraverso pedinamenti e appostamenti. Alcuni di loro sono anche attenzionati dalla Direzione distrettuale antimafia». «Questo – commenta il comandante provinciale della Guardia di finanza, Alfonso Amaturo – è l’ennesima dimostrazione di buona collaborazione. Il nodo della frode sono i documenti falsi, ma la vicenda non è ancora chiusa». «Alle 3 – conclude il capo della squadra mobile, Fabio Zampaglione – è scattato il blitz contemporaneo, alle 3,06 erano tutti in manette: il coordinamento è stato perfetto».
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