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Le potenzialitàci sono, i risultati forse
di MARIATERESA LABANCA
POTENZA – Oltre i toni diplomatici utilizzati dal ministro più apprezzato del Governo Monti per accompagnare, martedì scorso, lo studio del professor Boshma – una sorta di guida per l’uso dei fondi europei della programmazione 2014-2020 – c’è un messaggio importante che la Basilicata non può lasciar cadere nel vuoto. Al cospetto del giudizio tecnico del docente dell’Università di Utrecht, poco morbido nei confronti del modello di sviluppo lucano perseguito fino a questo momento, la valutazione politica di Fabrizio Barca sulla qualità amministrativa è sembrata lusinghiera. Ma chiudere così l’analisi sull’importante appuntamento dello scorso martedì significherebbe raccontare solo una parte della verità e perdere un’occasione importante che la stessa Regione, in quanto ente, ha voluto darsi, commissionando lo studio. Una parte della verità che sta tutta in una contraddizione: la Basilicata spende, meglio delle altre regioni del Mezzogiorno, ma consegue meno obiettivi di crescita di quell che potrebbe raggiungere. O ancora: una regione che ha le potenzialità per fare ma non riesce fino in fondo. Ed è un pò quello che il ministro ribadisce al termine della sua visita, quando a chi su Twitter gli chiede impressioni sulla Basilicata «devastata dai petrolieri, inquinamento e anni di malgoverno?», replica: «L’ho trovata tentata ma esitante se accettare la sfida strategica proposta dal rapporto Boshma». Ecco, la Basilicata sembra perdersi qui: tra possibilità e volontà. Eppure è la regione dei «buoni amministratori» che lo stesso Barca definisce tali. Solo un mese fa lo stesso ministro invitato dall’Unibas per l’inaugurazione del nuovo anno accademico ha pubblicamente elogiato il presidente De Filippo. Giudizio ribadito lo scorso martedì nei confronti di una classe dirigente che, accettando di mettersi sotto esame attraverso una consulenza da 200 mila euro al professore che arriva dall’Olanda, compie già di per sè una scelta lungimirante. All’utente che al ministro chiede su Twitter se i nostri amministratori saranno in grado di raccogliere le nuove sfide, Barca risponde: «Sì, con franchezza. Basta decidere di volerlo». Ancora una volta il discorso si sposta sul piano della volontà. Un giudizio complessivamente a metà, che da una parte riconosce i meriti, soprattutto in termini di potenzialità, dall’altra evidenzia ostacoli. Ed ecco perché l’altra faccia della medaglia, quella di una regione che per molte cose ha fallito, brucia due volte. L’appuntamento di martedì è servito a confermarlo: la Basilicata, pur emergendo tra le regioni dell’ex Obiettivo 1 per capacità di spesa dei fondi europei, stenta a tradurla in risultati, come invece potrebbe. A riprova del fatto che la quantità non sempre e non per forza equivale alla qualità. A conferma di questo ci sono i numeri. Come quelli dell’Eurostat che ci dicono che in Europa tra le 68 aree geografiche più povere, quelle in cui il prodotto interno lordo pro capite risulta essere inferiore al 75 per cento della media Ue, c’è anche la Basilicata (70%). In fatto di Pil reale è come essere tornati ai livelli del 1998, è il verdetto il Centro studi sintesi sui dati Istat che tra il 2011 e il 2008 misura una perdita di sette punti percentuale. Solo leggermente inferiore la variazione misurata sul Pil pro capite (-6,4). Non è che alle altre regioni dell’ex Obiettivo 1 vada meglio. Ma questo non vale una consolazione. Perché dire come ha fatto il ministro per lo Sviluppo e la coesione territoriale che la Basilicata è l’unica regione “talmente avanti da potersi permettere una visione di questo tipo”, comporta anche il dover prendere coscienza di una capacità di fare meglio che, in termini di risultati, fino ad ora non sempre si è vista. La ricetta Boshma potrebbe essere un punto di ripartenza, a patto di tener conto di quegli ostacoli che fino ad ora hanno limitato le capacità di crescita della Basilicata.
Per il presidente Lacorazza che interviene nella discussione aperta dalla domande tra il twitternauta e il ministro, non è solo un discorso di volontà. “Non basta deciderlo – replica a Barca – Serve il cambiamento”. Ma soprattutto dal volto che ad esso di sceglierà di dare.
POTENZA – Oltre i toni diplomatici utilizzati dal ministro più apprezzato del Governo Monti per accompagnare, martedì scorso, lo studio del professor Boshma – una sorta di guida per l’uso dei fondi europei della programmazione 2014-2020 – c’è un messaggio importante che la Basilicata non può lasciar cadere nel vuoto.
Al cospetto del giudizio tecnico del docente dell’Università di Utrecht, poco morbido nei confronti del modello di sviluppo lucano perseguito fino a questo momento, la valutazione politica di Fabrizio Barca sulla qualità amministrativa è sembrata lusinghiera. Ma chiudere così l’analisi sull’importante appuntamento dello scorso martedì significherebbe raccontare solo una parte della verità e perdere un’occasione importante che la stessa Regione, in quanto ente, ha voluto darsi, commissionando lo studio. Una parte della verità che sta tutta in una contraddizione: la Basilicata spende, meglio delle altre regioni del Mezzogiorno, ma consegue meno obiettivi di crescita di quell che potrebbe raggiungere. O ancora: una regione che ha le potenzialità per fare ma non riesce fino in fondo.
Ed è un pò quello che il ministro ribadisce al termine della sua visita, quando a chi su Twitter gli chiede impressioni sulla Basilicata «devastata dai petrolieri, inquinamento e anni di malgoverno?», replica: «L’ho trovata tentata ma esitante se accettare la sfida strategica proposta dal rapporto Boshma». Ecco, la Basilicata sembra perdersi qui: tra possibilità e volontà. Eppure è la regione dei «buoni amministratori» che lo stesso Barca definisce tali.
Solo un mese fa lo stesso ministro invitato dall’Unibas per l’inaugurazione del nuovo anno accademico ha pubblicamente elogiato il presidente De Filippo. Giudizio ribadito lo scorso martedì nei confronti di una classe dirigente che, accettando di mettersi sotto esame attraverso una consulenza da 200 mila euro al professore che arriva dall’Olanda, compie già di per sè una scelta lungimirante. All’utente che al ministro chiede su Twitter se i nostri amministratori saranno in grado di raccogliere le nuove sfide, Barca risponde: «Sì, con franchezza. Basta decidere di volerlo». Ancora una volta il discorso si sposta sul piano della volontà. Un giudizio complessivamente a metà, che da una parte riconosce i meriti, soprattutto in termini di potenzialità, dall’altra evidenzia ostacoli. Ed ecco perché l’altra faccia della medaglia, quella di una regione che per molte cose ha fallito, brucia due volte. L’appuntamento di martedì è servito a confermarlo: la Basilicata, pur emergendo tra le regioni dell’ex Obiettivo 1 per capacità di spesa dei fondi europei, stenta a tradurla in risultati, come invece potrebbe.
A riprova del fatto che la quantità non sempre e non per forza equivale alla qualità. A conferma di questo ci sono i numeri. Come quelli dell’Eurostat che ci dicono che in Europa tra le 68 aree geografiche più povere, quelle in cui il prodotto interno lordo pro capite risulta essere inferiore al 75 per cento della media Ue, c’è anche la Basilicata (70%). In fatto di Pil reale è come essere tornati ai livelli del 1998, è il verdetto il Centro studi sintesi sui dati Istat che tra il 2011 e il 2008 misura una perdita di sette punti percentuale. Solo leggermente inferiore la variazione misurata sul Pil pro capite (-6,4). Non è che alle altre regioni dell’ex Obiettivo 1 vada meglio.
Ma questo non vale una consolazione. Perché dire come ha fatto il ministro per lo Sviluppo e la coesione territoriale che la Basilicata è l’unica regione “talmente avanti da potersi permettere una visione di questo tipo”, comporta anche il dover prendere coscienza di una capacità di fare meglio che, in termini di risultati, fino ad ora non sempre si è vista. La ricetta Boshma potrebbe essere un punto di ripartenza, a patto di tener conto di quegli ostacoli che fino ad ora hanno limitato le capacità di crescita della Basilicata.
Per il presidente Lacorazza che interviene nella discussione aperta dalla domande tra il twitternauta e il ministro, non è solo un discorso di volontà. “Non basta deciderlo – replica a Barca – Serve il cambiamento”. Ma soprattutto dal volto che ad esso di sceglierà di dare.
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