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L’intervista fatta all’avvocato Bargi che abbiamo potuto ascoltare mercoledì sera a “Chi l’ha visto?” ha restituito la percezione del cambiamento della linea di difesa di Danilo Restivo, condannato in primo grado per l’omicidio di Elisa Claps, Bargi non ha svicolato nessuna domanda, non si è preoccupato di anticipare posizioni che verosimilmente sosterrà in udienza, non ha, neppure per un momento, dato l’impressione di abbracciare una missione o di dover smontare un complotto. Nessuna partecipazione emotiva al processo, neutralità nell’uso di parole chiavi come «prova», «indizi», «dna».
E’ riuscito a comunicare quello che un difensore deve essere nel processo penale: una parte, che non va in guerra con la controparte, ma gioca il suo ruolo. Prevedibile la contestazione sulle scale del tribunale di Salerno da parte di un gruppo di studenti. Giova ricordare che l’avvocato della famiglia Claps, Giuliana Scarpetta, da brava penalista, ha difeso molti assassini. Anzi, pluriassassini. E questo solo per restituire una volta e per sempre dignità al ruolo della difesa. Le forti pressioni locali non avevano consentito di percepire la stessa cosa con l’avvocato Marinelli, ottimo avvocato, con un carattere opposto a quello del suo successore.
Era difficilissimo, per i giornalisti, parlare con Marinelli, il clima psicologico creatosi a Potenza l’avevano reso bersaglio principale della trasmissione di Federica Sciarelli, insieme al primo pm che si occupò delle indagini, Licia Genovese, e al vescovo. L’intervista di Bargi è utile a restituire alcune verità che proprio il contesto locale, per la commozione di un’intera comunità ma anche per molta improvvisata suggestione giuridica (all’improvviso a Potenza era tutti diventati giudici) aveva sovvertito al punto tale che i ruoli e le funzioni erano stati visti come connivenze e complicità. Per principio. Perché non poteva essere diversamente. In particolare per quel che riguarda la famosa contestazione del mancato sequestro dei vestiti di Danilo Restivo di cui a furor di popolo è stata ritenuta responsabile Licia Genovese.
Molto ha contribuito la campagna di Libera e di don Marcello Cozzi che aveva invocato l’intervento del Capo dello Stato. Bargi alla domanda del giornalista sul perché non furono consegnati i vestiti ha risposto: furono i genitori di Restivo che si erano consigliati con l’avvocato Marinelli ad opporsi. In base alla logica che ha pervaso il processo parallelo che l’opinione pubblica ha fatto ai protagonisti di questa vicenda, si dovrebbe rispondere che l’avvocato Marinelli si oppose perché complice. In realtà Marinelli fece quello che un avvocato ha il dovere di fare in quanto parte di un procedimento: deve resistere.
La polizia stava agendo di sua iniziativa, l’informativa ancora non era arrivata al pubblico ministero. Legittimamente un organo di polizia chiede, legittimamente la difesa si oppone. Le forme in un’indagine sono regole. Bene ha fatto Bargi anche a ricordare la psicologia delle testimonianze sui capelli tagliati sottolineando, senza mai alzare la voce, come essa fosse stata amplificata proprio dalla trasmissione “Chi l’ha visto?”. Anche se poi ha ammesso la “mania”.
La reazione della Sciarelli, con quel «grazie, avvocato», ci ha finalmente liberato dall’idea che la giornalista si accanisse per principio. Non mi permetto di scrivere un solo rigo sulla famiglia Claps. Perché sono gli unici che devono essere sostenuti nel loro inconsolabile dolore. Questo sì, per principio. Ma per tutti gli altri valga l’auspicio che si ritrovino le parole misurate di un paese civile. Tutti abbiamo interesse a conoscere responsabilità e complicità. Ma possibilmente senza che ce le suggerisca un ayatollah.
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