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QUESTO CENTROSINISTRA NON HA EREDI 
di LUCIA SERINO
segue dalla prima 
 diretta streaming  ripristinando (sotto l’effetto stellare) una vecchia abitudine – è al  maggiore responsabile della costruzione di un sistema ormai morto che si  chiede mediazione e capacità di convincimento all’interno di un  centrosinistra ribollente come il magma di Pozzuoli. Da dove riparte la  Basilicata? Partiamo da un dato certo, la rottura del patto antico tra  il sistema di potere lucano e il suo popolo. Una frattura fra crollare  qualcosa. Che cosa resta in piedi? Cosa si può recuperare? In altre  parole questo centrosinistra ha eredi? L’idea di una costruzione futura  che sia sintesi di vecchio e nuovo, probabilmente, mai come adesso non  regge più. 
I traumi dei nostri tempi, macchiati già da sangue, come a Perugia e a  Siena, fanno irrompere la necessità di uno spirito nuovo nel dibattito  politico dove la prima cosa da recuperare è la credibilità di chi è  chiamato a fare. Con il dovuto rispetto che si deve alle persone e alla loro storia,  forse è utile ripartire dal principio che la credibilità delle  istituzioni in questo momento è pari alla capacità che potrei avere nel  risolvere la congettura di Riemann. Partiamo da alcune considerazioni oggettive. La crisi economica e l’angoscia delle famiglie è immensa. In questo contesto anche una card  benzina, dobbiamo riconoscerlo senza l’arroganza di dare un punto  all’avversario, è percepita come utile e come un ritorno concreto delle  attività di perforazioni che avvengono sul territorio. La crisi  economica non è certo un problema lucano, e molto dipenderà dalle  politiche europee. L’onda dell’insurrezione popolare in Italia risplende  di luce stellare. 
E forse è una fortuna, perché un passo oltre avrebbe  potuto significare una deriva armata. Pericolo che, stando all’ultimo  rapporto dei servizi segreti, non è ancora scongiurato. Anzi. Se  riflettiamo bene sull’attentato alla città della scienza di Napoli e se  dietro i fatti si nascondo simboli, non possiamo non porci interrogativi  inquietanti sulla volontà di colpire un orto di efficienza e di cultura,  di innovazione e di futuro nato dalle ceneri dell’era dell’acciaio. Un  simbolo del Mezzogiorno. Pensiamo davvero che possa essere stata la  camorra? In genere, per chi conosce un pò le dinamiche di quel tipo di  criminalità, i comportamenti sono diversi. Bastava aver frequentato, con  periodicità, quei saloni nell’arco degli ultimi cinque anni per rendersi  conto di come la precarizzazione di chi ci lavorava, la mancanza delle  risorse, era arrivata a impoverire persino la forza dello smile che  parlava ai bambini. Dunque c’è una crisi economica che annulla il futuro  e ingoia quelle poche isole che in Italia, nel Mezzogiorno, fino a poco  fa camminavano a passo svelto. La missione difficilissima che spetta al governatore De Filippo parte da  queste penalizzazioni oggettive: le risorse e i vincoli sciagurati del  patto di stabilità. Altrettanto oggettiva, ribadiamo, è la crepa delle relazioni politiche e  la crisi di rappresentanza. Confesso una cosa: ho difficoltà a leggere i comunicati che arrivano dai  vari assessori e non solo, a volte neppure li leggo più. Dovrei farlo  per dover professionale. Ma non trovo più linguaggi nei quali ci  riconosciamo, non trovo più spunti, una barriera mentale ci frena, nella  consapevolezza che anche la mia categoria è oggi in forte discussione.  Forse navighiamo nelle stesse acque. Chi fa politica e chi ha il compito  di raccontarla. Quali sono gli obiettivi della politica e quali devono  essere gli obiettivi dell’informazione? Leggetevi Franco Arminio nelle  pagine all’interno. Michele Santoro e gli altri narratori della crisi  non hanno ancora annunciato di volersi ridurre lo stipendio (sia detto  per inciso noi lo abbiamo fatto). 
Però rischiamo tutti contro tutti, i  precari dei quotidiani e i Minzolini. Così rischiano alti burocrati e  precari amministrativi come era una delle impiegate regionali uccise.  Così rischia, soprattutto, una classe politica alla quale nessuno più crede. Paradossalmente costruire una nuova visione politica, un percorso di  riforme, sapere dove andare è più semplice della costruzione del  rinnovamento della classe dirigente. Ma la soggettività è più urgente  dell’oggettività. Il vecchio refrain dei programmi prima delle persone  oggi non vale più. Per cultura riesco a trovare giustificazioni persino nella condotta di  un assassino. E forse la metafora regge. Perché arriva il momento in cui  la crescita passa attraverso l’omicidio del padre, per poi –  sicuramente – recuperarne la memoria. La seconda repubblica non è stata  in grado di costruire il futuro. E l’oggi chiude frettolosamente tutto il passato. Questo centrosinistra non può avere eredi, non è solo rinnovando gli  assessori o sostituendo il segretario regionale per promuoverne – dico  a caso – il vice, che si rinnova una classe dirigente. Un sistema è  crollato. Ma se questo centrosinistra non ha eredi fa ancora in tempo a  governarne la successione prima che il patrimonio accumulato (che non  può essere solo nefasto di potere) si disperda completamente.  La nuova giunta De Filippo dovrà rispondere al desiderio di rinnovamento  che i lucani si attendono. Sul piano del fare ottima la lettera inviata ieri dal governatore a Monti per liberare le royalties e i fondi post terremoto dal patto di stabilità. La Basilicata è poi piena di uomini e donne che  sanno parlare ai cuori freddi di questi tempi. Penso a Fausto  Santangelo, il presidente regionale dell’azione cattolica, è giovane, è  un ingegnere, pratica il vero senso dell’associazionismo. Penso a un  visionario che non ha nulla da invidiare a Renzo Piano, il materano  Tonio Acito, a un neuropsichiatria infantile al quale le madri e i padri  di questa regione devono molto, Carlo Calzone. Penso al giovane  Francesco Coviello, che ha sempre fatto politica senza incarichi, penso alla storica Elena Vigilante. La burocrazia regionale non è solo parassitaria. Ma è fatta in  prevalenza da persone perbene che lavorano, studiano e programmano. E’  l’ossatura che può reggere un nuovo progetto politico. Ricominciamo,  dunque, dalle cose buone che abbiamo. Incalziamo Monti sulla lettera di De Filippo.  Senza fare più leggerezze che si  prestano ai sospetti cupi che si porta con sè in tutto il mondo la parola petrolio, perché di questo si tratta nella vicenda  del centro oli. La moglie del dottore Viggiano, il direttore del  dipartimento ambiente, potrà essere la migliore progettista tecnica del  mondo (in realtà è un’insegnante di matematica) ma se riteniamo che meriti incarichi dall’ente in cui il coniuge  svolge un ruolo strategico, lo si dichiari con trasparenza, in modo che  tutti possano controllare. E lo dico nel giorno dell’8 marzo,  riconoscendo che se noi donne chiediamo autonomia e prestigio ce li  dobbiamo guadagnare. Facendo barriera sulle penalizzazioni per esclusivo  rapporto parentale, ma sapendo che questo rapporto ha bisogno della  massima trasparenza. Oggi c’è la Direzione regionale del Pd. Speranza ha annunciato che non  si presenterà dimissionario. Ce la farà il vecchio (non per anagrafe) peripatetico Luongo?  

CON quella risata – ghigno un pò alla Negri, Antonio Luongo discute, saluta, telefona. Passa e ripassa at torno alle torri gemelle di via Nazario Sauro, il suo ufficio all’aperto. Nel momento più tragico della storia del centrosinistra lucano, alla vigilia dell’assemblea della direzione regionale del Pd – che andrà in segue alle pagine 8 e 9  diretta streaming  ripristinando (sotto l’effetto stellare) una vecchia abitudine – è al  maggiore responsabile della costruzione di un sistema ormai morto che si  chiede mediazione e capacità di convincimento all’interno di un  centrosinistra ribollente come il magma di Pozzuoli. Da dove riparte la  Basilicata? Partiamo da un dato certo, la rottura del patto antico tra  il sistema di potere lucano e il suo popolo. Una frattura fra crollare  qualcosa. Che cosa resta in piedi? Cosa si può recuperare? In altre  parole questo centrosinistra ha eredi? L’idea di una costruzione futura  che sia sintesi di vecchio e nuovo, probabilmente, mai come adesso non  regge più. I traumi dei nostri tempi, macchiati già da sangue, come a Perugia e a  Siena, fanno irrompere la necessità di uno spirito nuovo nel dibattito  politico dove la prima cosa da recuperare è la credibilità di chi è  chiamato a fare. Con il dovuto rispetto che si deve alle persone e alla loro storia,  forse è utile ripartire dal principio che la credibilità delle  istituzioni in questo momento è pari alla capacità che potrei avere nel  risolvere la congettura di Riemann. Partiamo da alcune considerazioni oggettive. La crisi economica e l’angoscia delle famiglie è immensa. In questo contesto anche una card  benzina, dobbiamo riconoscerlo senza l’arroganza di dare un punto  all’avversario, è percepita come utile e come un ritorno concreto delle  attività di perforazioni che avvengono sul territorio. La crisi  economica non è certo un problema lucano, e molto dipenderà dalle  politiche europee. L’onda dell’insurrezione popolare in Italia risplende  di luce stellare. E forse è una fortuna, perché un passo oltre avrebbe  potuto significare una deriva armata. Pericolo che, stando all’ultimo  rapporto dei servizi segreti, non è ancora scongiurato. Anzi. Se  riflettiamo bene sull’attentato alla città della scienza di Napoli e se  dietro i fatti si nascondo simboli, non possiamo non porci interrogativi  inquietanti sulla volontà di colpire un orto di efficienza e di cultura,  di innovazione e di futuro nato dalle ceneri dell’era dell’acciaio. Un  simbolo del Mezzogiorno. Pensiamo davvero che possa essere stata la  camorra? In genere, per chi conosce un pò le dinamiche di quel tipo di  criminalità, i comportamenti sono diversi. Bastava aver frequentato, con  periodicità, quei saloni nell’arco degli ultimi cinque anni per rendersi  conto di come la precarizzazione di chi ci lavorava, la mancanza delle  risorse, era arrivata a impoverire persino la forza dello smile che  parlava ai bambini. Dunque c’è una crisi economica che annulla il futuro  e ingoia quelle poche isole che in Italia, nel Mezzogiorno, fino a poco  fa camminavano a passo svelto. La missione difficilissima che spetta al governatore De Filippo parte da  queste penalizzazioni oggettive: le risorse e i vincoli sciagurati del  patto di stabilità. Altrettanto oggettiva, ribadiamo, è la crepa delle relazioni politiche e  la crisi di rappresentanza. Confesso una cosa: ho difficoltà a leggere i comunicati che arrivano dai  vari assessori e non solo, a volte neppure li leggo più. Dovrei farlo  per dover professionale. Ma non trovo più linguaggi nei quali ci  riconosciamo, non trovo più spunti, una barriera mentale ci frena, nella  consapevolezza che anche la mia categoria è oggi in forte discussione.  Forse navighiamo nelle stesse acque. Chi fa politica e chi ha il compito  di raccontarla. Quali sono gli obiettivi della politica e quali devono  essere gli obiettivi dell’informazione? Leggetevi Franco Arminio nelle  pagine all’interno. Michele Santoro e gli altri narratori della crisi  non hanno ancora annunciato di volersi ridurre lo stipendio (sia detto  per inciso noi lo abbiamo fatto). Però rischiamo tutti contro tutti, i  precari dei quotidiani e i Minzolini. Così rischiano alti burocrati e  precari amministrativi come era una delle impiegate regionali uccise.  Così rischia, soprattutto, una classe politica alla quale nessuno più crede. Paradossalmente costruire una nuova visione politica, un percorso di  riforme, sapere dove andare è più semplice della costruzione del  rinnovamento della classe dirigente. Ma la soggettività è più urgente  dell’oggettività. Il vecchio refrain dei programmi prima delle persone  oggi non vale più. Per cultura riesco a trovare giustificazioni persino nella condotta di  un assassino. E forse la metafora regge. Perché arriva il momento in cui  la crescita passa attraverso l’omicidio del padre, per poi –  sicuramente – recuperarne la memoria. La seconda repubblica non è stata  in grado di costruire il futuro. E l’oggi chiude frettolosamente tutto il passato. Questo centrosinistra non può avere eredi, non è solo rinnovando gli  assessori o sostituendo il segretario regionale per promuoverne – dico  a caso – il vice, che si rinnova una classe dirigente. Un sistema è  crollato. Ma se questo centrosinistra non ha eredi fa ancora in tempo a  governarne la successione prima che il patrimonio accumulato (che non  può essere solo nefasto di potere) si disperda completamente.  La nuova giunta De Filippo dovrà rispondere al desiderio di rinnovamento  che i lucani si attendono. Sul piano del fare ottima la lettera inviata ieri dal governatore a Monti per liberare le royalties e i fondi post terremoto dal patto di stabilità. La Basilicata è poi piena di uomini e donne che  sanno parlare ai cuori freddi di questi tempi. Penso a Fausto  Santangelo, il presidente regionale dell’azione cattolica, è giovane, è  un ingegnere, pratica il vero senso dell’associazionismo. Penso a un  visionario che non ha nulla da invidiare a Renzo Piano, il materano  Tonio Acito, a un neuropsichiatria infantile al quale le madri e i padri  di questa regione devono molto, Carlo Calzone. Penso al giovane  Francesco Coviello, che ha sempre fatto politica senza incarichi, penso alla storica Elena Vigilante. La burocrazia regionale non è solo parassitaria. Ma è fatta in  prevalenza da persone perbene che lavorano, studiano e programmano. E’  l’ossatura che può reggere un nuovo progetto politico. Ricominciamo,  dunque, dalle cose buone che abbiamo. Incalziamo Monti sulla lettera di De Filippo.  Senza fare più leggerezze che si  prestano ai sospetti cupi che si porta con sè in tutto il mondo la parola petrolio, perché di questo si tratta nella vicenda  del centro oli. La moglie del dottore Viggiano, il direttore del  dipartimento ambiente, potrà essere la migliore progettista tecnica del  mondo (in realtà è un’insegnante di matematica) ma se riteniamo che meriti incarichi dall’ente in cui il coniuge  svolge un ruolo strategico, lo si dichiari con trasparenza, in modo che  tutti possano controllare. E lo dico nel giorno dell’8 marzo,  riconoscendo che se noi donne chiediamo autonomia e prestigio ce li  dobbiamo guadagnare. Facendo barriera sulle penalizzazioni per esclusivo  rapporto parentale, ma sapendo che questo rapporto ha bisogno della  massima trasparenza. Oggi c’è la Direzione regionale del Pd. Speranza ha annunciato che non  si presenterà dimissionario. Ce la farà il vecchio (non per anagrafe) peripatetico Luongo?  

 

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