LOCRI (Reggio Calabria) – Gli uomini del Gico del Nucleo di Polizia Tributaria di Reggio Calabria, del Scico di Roma e del Gruppo di Locri, dalle prime ore della mattinata, stanno dando esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misura cautelare in carcere, nei confronti di 20 soggetti ritenuti legati alle potenti cosche Morabito ed Aquino, operanti nella fascia jonica della provincia di Reggio Calabria. Contemporaneamente si sta provvedendo ad eseguire un maxi sequestro di beni mobili, immobili, società commerciali e villaggi turistici per un valore di circa 450 milioni di euro. In manette è finito anche Francesco Sculli, padre del calciatore Giuseppe, attaccante della Lazio in prestito al Pescara.
Tra gli arrestati i boss Rocco Morabito, figlio del più noto Giuseppe “U Tiradrittu” e Rocco Aquino, nonché imprenditori reggini, campani e spagnoli ed un soggetto legato all’Ira Irlandese a cui vengono contestati i reati di per associazione mafiosa, intestazione fittizia di beni e reimpiego di capitali. Coinvolti anche tecnici comunali e professionisti. Contestualmente, sono in corso oltre 60 perquisizioni in Calabria, Sicilia, Campania, Lazio, Inghilterra e Spagna.
LE INDAGINI. Le indagini hanno consentito di accertare come le cosche Morabito ed Aquino, attraverso un’articolata e complessa rete di società italiane ed estere, fossero riuscite a garantirsi, con la forza dell’intimidazione mafiosa, la gestione, il controllo e la realizzazione di decine di importanti e noti complessi immobiliari turistico-residenziali, ubicati nelle più belle aree balneari della regione Calabria. In particolare, partendo da un “controllo passeggeri”, effettuato nel 2008 da un Reparto del Corpo di Bari, che lasciava ipotizzare un coinvolgimento di soggetti legati alla ‘ndrangheta nella costruzione di un complesso turistico-alberghiero, riconducibile alla Metropolis 2007 S.r.l., veniva ampliato lo spettro investigativo alla gestione di numerosi complessi turistico-residenziali in Calabria, arrivando a dimostrare un intreccio trasversale di interessi tra le potenti famiglie di ‘ndrangheta Morabito e Aquino ed importanti imprenditori spagnoli. Lo sviluppo delle indagini – effettuato principalmente con articolate attività tecniche – consentiva di ricostruire i ramificati investimenti nel settore turistico da parte di soggetti calabresi e spagnoli, a loro volta in affari con esponenti di vertice della ‘ndrangheta della Jonica, i quali – in definitiva – sono risultati essere i veri artefici e promotori dell’incredibile business. Nel dettaglio, si è accertato che, a partire dal 2005, è stata creata una vera e propria “joint-ventures” tra esponenti della criminalità organizzata calabrese ed imprenditori spagnoli, che ha dato vita ad un articolato intreccio di società, italiane e straniere, finalizzato alla realizzazione di complessi immobiliari destinati al settore turistico-residenziale. Nel ricostruire la “Filieria societaria italo-spagnola”, è emerso che gli investimenti milionari erano il frutto della specifica volontà delle due ‘ndrine, le quali – attraverso l’indiscusso potere sul territorio – avevano sostanzialmente monopolizzato tale settore, potendo contare anche sulla totale “disponibilità” di infedeli funzionari comunali. In pratica, tutti gli investimenti individuati fanno capo ad un “Centro d’interesse occulto”, ben organizzato e collegato, che ha consentito di dare al fenomeno una chiave di lettura unitaria e verticistica, permettendo, nel contempo, di accertare le responsabilità penali dei singoli. In tale contesto, gli esponenti di vertice coinvolti sono l’espressione delle cosche che governano il territorio ionico, ancorché gli investimenti abbiano riguardato anche altre parti del territorio calabrese e, specificatamente, la provincia di Catanzaro e Vibo Valentia.
COLLEGAMENTI CON IRA. Le investigazioni hanno poi consentito di documentare come in tale lucroso affare vi fosse inserito anche un soggetto considerato dagli inquirenti britannici vicino all’I.R.A., l’organizzazione terroristica irlandese, il quale aveva trovato proprio nel rapporto con le organizzazioni criminali calabresi il modo per reimpiegare le ingenti somme di denaro in suo possesso, grazie all’intermediazione di un noto imprenditore campano.
‘NDRANGHETA IMPRENDITRICE. Una “imprenditoria ‘ndranghetista” ed un nuovo modo di “fare mafia”, dove non si spara e non si uccide, ma si creano vincoli di affiliazione derivante da un’unica matrice: il denaro e l’ingiusto arricchimento, con una totale trasposizione delle più bieche e consuetudinarie modalità mafiose – in ciò abilmente “tirate a lucido” dallo schermo fornito da una serie di persone giuridiche – nel mondo dell’imprenditoria e dell’economia legale. In conclusione, l’operazione odierna conferma come le cosche di ‘ndrangheta continuino a conseguire ingiusti ed illeciti profitti e vantaggi, attraverso un controllo, quasi totale, del territorio di competenza e delle relative attività economiche e produttive, ma con una novità in termini di impostazione del rapporto proprio con il territorio: infatti, le investigazioni hanno anche accertato come l’interesse della criminalità organizzata fosse anche quello di creare consenso sociale nell’opinione pubblica, mediante l’assunzione di maestranze locali e la creazione di un indotto commerciale con l’arrivo di stranieri, principali acquirenti degli immobili realizzati, tale da favorire una maggiore accettazione sul territorio della presenza delle organizzazioni criminali. Pertanto, quella che è emersa dalle indagini odierne è l’immagine di una ‘ndrangheta internazionale e moderna, con una struttura articolata e complessa, con un’attitudine colonizzatrice ed espansionistica, in linea con le vere e proprie holding economiche e finanziarie mondiali, che ha raggiunto la massima efficienza operativa anche a livello mondiale e con una leadership conquistata grazie ad una affidabilità personale ed economica ormai consolidatasi nel tempo.