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Dal partito regione 
al partito persona 
di LUCIA SERINO
«Non devo piacervi ma devo dirvi delle verità». Il refrain della campagna elettorale di Pierluigi Bersani è stato questo, trasmettere l’idea di un modello, di una proposta, di una squadra al lavoro. Il ritorno del partito dopo il dilagare della politica-leader berlusconiana. Un proposito nobile ma alla fine perdente. Infatti i primi risultati elettorali ci restituiscono l’idea che questa proposta non ha retto, non è stata premiata. Possiamo spingerci anche oltre: forse è ormai antistorica. Il boom dei Cinquestelle cos’è se non l’aggregazione di consenso attorno alle parole di un leader? Il politologo Mauro Calise, ieri sul Corriere del Mezzogiorno, sottolineava l’inarrestabile cammino di una politica contemporanea che è ormai tutt’uno con il suo leader.Esattamente com’è stato per Berlusconi in questi anni. Tramontato il berlusconismo -o meglio segue a pagina 13 
apparentemente  tramontato il berlusconismo — si immaginava il recupero dell’idea  collettiva del senso della politica.  Invece la personalizzazione dei  messaggi, a dispetto di quanto sostengono i dirigenti del Pd, non si è  fermata. Una campagna elettorale velocissima ha creato e riempito vuoti.  Il declino di Berlusconi alla vigilia delle primarie Pd ha creato lo  spazio immediatamente occupato dal modello di un “partito-persona”. Tre  nomi, i volti nuovi della politica italiana: Grillo, in forte avanzata  in realtà da anni, Renzi e Monti. La salita di Monti ha resuscitato il  Cavaliere, c’è da chiedersi cosa sarebbe successo se al posto di Bersani  ci fosse stato Renzi. Ma i “se” non contano.
 Con queste elezioni abbiamo  avuto la conferma che anche in politica si sta attuando, come in altri  segmenti della società, la forza aggregatrice di un brand legato a un  nome e non a un progetto. La comunità si crea attorno a una persona. 
La  piazza di Grillo è concentrica attorno al suo capo. Esattamente  l’opposto della proposta politica di Bersani: l’idea cioè di un leader  che altro non è che espressione-governo delle istanze di una dimensione  collettiva orizzontale. 
Naturalmente ci sono appendici più complesse e  solo gli anni ci diranno come andrà a finire. Perché poi una cosa è  comunicare l’idea del partito-persona, altro è reggerne l’organizzazione  (come nel caso di Di Pietro). Berlusconi dimostra che le due cose — in  un’Italia forse da psicanalizzare o forse più simile al caimano delle  feste di quanto immaginiamo, possono anche coincidere. Ma Berlusconi  attraverso le televisioni continua a parlare alla pancia del Paese,  anche in Basilicata. E questo è un punto. 
Con il quale dovremo continuare a confrontarci. La seconda considerazione riguarda casa nostra, la Basilicata. I dati ci  dicono: netto calo del Pd, altrettanto del centrodestra, premiati i  fratelli italiani di Rosa (raggiungono un risultato superiore alla media  nazionale), asfalto a valanga dei Cinquestelle che sono primo partito in  città strategiche, come Matera e Melfi, scarsa pesca di Cannizzaro che a  Potenza raccoglie meno di quanto avevano fatto i Popolari. 
Dunque: la  protesta e la frustrazione lucana si è materializzata con i voti dati ai  grillini ma anche con un forte astensionismo, maggiore da queste parti  di quello nazionale. Interessante l’analisi che l’Istituto Cattaneo ha  elaborato in tempo reale: «Questa concentrazione territoriale dei  risultati piu? negativi non emergeva nel 2008, quando il calo della  partecipazione si distribuiva equamente su tutto il territorio.
 La  tendenza potrebbe essere letta come un effetto preoccupante della  progressiva scomparsa, nell’agenda politica e sulla scena mediatica  degli ultimi anni, dei temi dello sviluppo, del rilancio economico del  Mezzogiorno». I berlusconiani lucani certo non sono stati archiviati, si  sono avvantaggiati della rimonta del loro leader, a meno che i lucani  non siano contenti della card benzina. 
Per il Pd, anche se porta a casa  in termini di seggi elettorali quello che aveva programmato (alla  Camera, in verità, all’ora in cui scriviamo, il risultato è ancora  incerto) non è un bel giorno. Da oggi cambia anche la Basilicata.  
Bisogna iniziare a capire subito l’antropomorfia di coloro che hanno  votato il movimento cinque stelle. Chi sono? Non sono solo giovani  antagonisti. La composizione è varia, ci sono i militanti duri e puri, i  senzalavoro, i pensionati, ma anche professori, professionisti  insoddisfatti del modello – Basilicata. 
Da questa certezza bisogna  partire. Evidentemente per cambiare. Visto che il centrosinistra in  questa regione è ancora maggioranza. Incalzarli non è ancora vilipendio  di cadavere, come dice Grillo. 
Non c’è stata neppure rivoluzione civile.  C’è aria di disorientamento, in Italia e in Basilicata. Molti ieri sera,  nel convulso susseguirsi dei risultati e nel tentativo di leggerli,  sentivano addosso il mare mosso della Grecia. E’ stato un voto utile?  

«Non devo piacervi ma devo dirvi delle verità». Il refrain della campagna elettorale di Pierluigi Bersani è stato questo, trasmettere l’idea di un modello, di una proposta, di una squadra al lavoro. Il ritorno del partito dopo il dilagare della politica-leader berlusconiana. Un proposito nobile ma alla fine perdente. Infatti i primi risultati elettorali ci restituiscono l’idea che questa proposta non ha retto, non è stata premiata. Possiamo spingerci anche oltre: forse è ormai antistorica. Il boom dei Cinquestelle cos’è se non l’aggregazione di consenso attorno alle parole di un leader? Il politologo Mauro Calise, ieri sul Corriere del Mezzogiorno, sottolineava l’inarrestabile cammino di una politica contemporanea che è ormai tutt’uno con il suo leader.Esattamente com’è stato per Berlusconi in questi anni. Tramontato il berlusconismo -o meglio apparentemente  tramontato il berlusconismo — si immaginava il recupero dell’idea  collettiva del senso della politica.  Invece la personalizzazione dei  messaggi, a dispetto di quanto sostengono i dirigenti del Pd, non si è  fermata. Una campagna elettorale velocissima ha creato e riempito vuoti.  Il declino di Berlusconi alla vigilia delle primarie Pd ha creato lo  spazio immediatamente occupato dal modello di un “partito-persona”. Tre  nomi, i volti nuovi della politica italiana: Grillo, in forte avanzata  in realtà da anni, Renzi e Monti. La salita di Monti ha resuscitato il  Cavaliere, c’è da chiedersi cosa sarebbe successo se al posto di Bersani  ci fosse stato Renzi. Ma i “se” non contano. Con queste elezioni abbiamo  avuto la conferma che anche in politica si sta attuando, come in altri  segmenti della società, la forza aggregatrice di un brand legato a un  nome e non a un progetto. La comunità si crea attorno a una persona. La  piazza di Grillo è concentrica attorno al suo capo. Esattamente  l’opposto della proposta politica di Bersani: l’idea cioè di un leader  che altro non è che espressione-governo delle istanze di una dimensione  collettiva orizzontale. Naturalmente ci sono appendici più complesse e  solo gli anni ci diranno come andrà a finire. Perché poi una cosa è  comunicare l’idea del partito-persona, altro è reggerne l’organizzazione  (come nel caso di Di Pietro). Berlusconi dimostra che le due cose — in  un’Italia forse da psicanalizzare o forse più simile al caimano delle  feste di quanto immaginiamo, possono anche coincidere. Ma Berlusconi  attraverso le televisioni continua a parlare alla pancia del Paese,  anche in Basilicata. E questo è un punto. Con il quale dovremo continuare a confrontarci. La seconda considerazione riguarda casa nostra, la Basilicata. I dati ci  dicono: netto calo del Pd, altrettanto del centrodestra, premiati i  fratelli italiani di Rosa (raggiungono un risultato superiore alla media  nazionale), asfalto a valanga dei Cinquestelle che sono primo partito in  città strategiche, come Matera e Melfi, scarsa pesca di Cannizzaro che a  Potenza raccoglie meno di quanto avevano fatto i Popolari. Dunque: la  protesta e la frustrazione lucana si è materializzata con i voti dati ai  grillini ma anche con un forte astensionismo, maggiore da queste parti  di quello nazionale. Interessante l’analisi che l’Istituto Cattaneo ha  elaborato in tempo reale: «Questa concentrazione territoriale dei  risultati piu? negativi non emergeva nel 2008, quando il calo della  partecipazione si distribuiva equamente su tutto il territorio. La  tendenza potrebbe essere letta come un effetto preoccupante della  progressiva scomparsa, nell’agenda politica e sulla scena mediatica  degli ultimi anni, dei temi dello sviluppo, del rilancio economico del  Mezzogiorno». I berlusconiani lucani certo non sono stati archiviati, si  sono avvantaggiati della rimonta del loro leader, a meno che i lucani  non siano contenti della card benzina. Per il Pd, anche se porta a casa  in termini di seggi elettorali quello che aveva programmato (alla  Camera, in verità, all’ora in cui scriviamo, il risultato è ancora  incerto) non è un bel giorno. Da oggi cambia anche la Basilicata.  Bisogna iniziare a capire subito l’antropomorfia di coloro che hanno  votato il movimento cinque stelle. Chi sono? Non sono solo giovani  antagonisti. La composizione è varia, ci sono i militanti duri e puri, i  senzalavoro, i pensionati, ma anche professori, professionisti  insoddisfatti del modello – Basilicata. Da questa certezza bisogna  partire. Evidentemente per cambiare. Visto che il centrosinistra in  questa regione è ancora maggioranza. Incalzarli non è ancora vilipendio  di cadavere, come dice Grillo. Non c’è stata neppure rivoluzione civile.  C’è aria di disorientamento, in Italia e in Basilicata. Molti ieri sera,  nel convulso susseguirsi dei risultati e nel tentativo di leggerli,  sentivano addosso il mare mosso della Grecia. E’ stato un voto utile?  

 

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