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«Non devo piacervi ma devo dirvi delle verità». Il refrain della campagna elettorale di Pierluigi Bersani è stato questo, trasmettere l’idea di un modello, di una proposta, di una squadra al lavoro. Il ritorno del partito dopo il dilagare della politica-leader berlusconiana. Un proposito nobile ma alla fine perdente. Infatti i primi risultati elettorali ci restituiscono l’idea che questa proposta non ha retto, non è stata premiata. Possiamo spingerci anche oltre: forse è ormai antistorica. Il boom dei Cinquestelle cos’è se non l’aggregazione di consenso attorno alle parole di un leader? Il politologo Mauro Calise, ieri sul Corriere del Mezzogiorno, sottolineava l’inarrestabile cammino di una politica contemporanea che è ormai tutt’uno con il suo leader.Esattamente com’è stato per Berlusconi in questi anni. Tramontato il berlusconismo -o meglio apparentemente tramontato il berlusconismo — si immaginava il recupero dell’idea collettiva del senso della politica. Invece la personalizzazione dei messaggi, a dispetto di quanto sostengono i dirigenti del Pd, non si è fermata. Una campagna elettorale velocissima ha creato e riempito vuoti. Il declino di Berlusconi alla vigilia delle primarie Pd ha creato lo spazio immediatamente occupato dal modello di un “partito-persona”. Tre nomi, i volti nuovi della politica italiana: Grillo, in forte avanzata in realtà da anni, Renzi e Monti. La salita di Monti ha resuscitato il Cavaliere, c’è da chiedersi cosa sarebbe successo se al posto di Bersani ci fosse stato Renzi. Ma i “se” non contano. Con queste elezioni abbiamo avuto la conferma che anche in politica si sta attuando, come in altri segmenti della società, la forza aggregatrice di un brand legato a un nome e non a un progetto. La comunità si crea attorno a una persona. La piazza di Grillo è concentrica attorno al suo capo. Esattamente l’opposto della proposta politica di Bersani: l’idea cioè di un leader che altro non è che espressione-governo delle istanze di una dimensione collettiva orizzontale. Naturalmente ci sono appendici più complesse e solo gli anni ci diranno come andrà a finire. Perché poi una cosa è comunicare l’idea del partito-persona, altro è reggerne l’organizzazione (come nel caso di Di Pietro). Berlusconi dimostra che le due cose — in un’Italia forse da psicanalizzare o forse più simile al caimano delle feste di quanto immaginiamo, possono anche coincidere. Ma Berlusconi attraverso le televisioni continua a parlare alla pancia del Paese, anche in Basilicata. E questo è un punto. Con il quale dovremo continuare a confrontarci. La seconda considerazione riguarda casa nostra, la Basilicata. I dati ci dicono: netto calo del Pd, altrettanto del centrodestra, premiati i fratelli italiani di Rosa (raggiungono un risultato superiore alla media nazionale), asfalto a valanga dei Cinquestelle che sono primo partito in città strategiche, come Matera e Melfi, scarsa pesca di Cannizzaro che a Potenza raccoglie meno di quanto avevano fatto i Popolari. Dunque: la protesta e la frustrazione lucana si è materializzata con i voti dati ai grillini ma anche con un forte astensionismo, maggiore da queste parti di quello nazionale. Interessante l’analisi che l’Istituto Cattaneo ha elaborato in tempo reale: «Questa concentrazione territoriale dei risultati piu? negativi non emergeva nel 2008, quando il calo della partecipazione si distribuiva equamente su tutto il territorio. La tendenza potrebbe essere letta come un effetto preoccupante della progressiva scomparsa, nell’agenda politica e sulla scena mediatica degli ultimi anni, dei temi dello sviluppo, del rilancio economico del Mezzogiorno». I berlusconiani lucani certo non sono stati archiviati, si sono avvantaggiati della rimonta del loro leader, a meno che i lucani non siano contenti della card benzina. Per il Pd, anche se porta a casa in termini di seggi elettorali quello che aveva programmato (alla Camera, in verità, all’ora in cui scriviamo, il risultato è ancora incerto) non è un bel giorno. Da oggi cambia anche la Basilicata. Bisogna iniziare a capire subito l’antropomorfia di coloro che hanno votato il movimento cinque stelle. Chi sono? Non sono solo giovani antagonisti. La composizione è varia, ci sono i militanti duri e puri, i senzalavoro, i pensionati, ma anche professori, professionisti insoddisfatti del modello – Basilicata. Da questa certezza bisogna partire. Evidentemente per cambiare. Visto che il centrosinistra in questa regione è ancora maggioranza. Incalzarli non è ancora vilipendio di cadavere, come dice Grillo. Non c’è stata neppure rivoluzione civile. C’è aria di disorientamento, in Italia e in Basilicata. Molti ieri sera, nel convulso susseguirsi dei risultati e nel tentativo di leggerli, sentivano addosso il mare mosso della Grecia. E’ stato un voto utile?
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