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CATANZARO – Un fucile è stato abbandonato sul luogo dell’omicidio dell’imprenditore Francesco Chiodo, di 44 anni, avvenuto ieri sera a Montauro, nel catanzarese. Anche nel caso del duplice omicidio di Giuseppe Bruno e della moglie Caterina Raimondi, compiuto nella tarda serata di lunedì scorso a Vallefiorita (Catanzaro), era stata abbandonata l’arma del delitto che in quel caso fu un kalashnikov. I due delitti, secondo gli inquirenti, sarebbero collegati e rientrano nell’ambito della faida che da diverso tempo sta interessando le cosche della ‘ndrangheta della zona del soveratese. La particolarità di abbandonare l’arma sul luogo del delitto è ritenuta dagli inquirenti un elemento investigativo “significativo”. Questo elemento sarebbe un segnale di supremazia e dimostrerebbe la potenza di fuoco di cui può disporre la cosca che sta compiendo gli omicidi.
LE INDAGINI – Il fascicolo sull’omicidio di Francesco Chiodo è stato trasferito alla Dda di Catanzaro, considerato che gli inquirenti ritengono che il delitto rientra nell’ambito della scontro tra cosche della ‘ndrangheta. Chiodo e Bruno, secondo le ipotesi investigative, facevano parte dello stesso gruppo criminale. Nel corso della notte sono state sentite numerose persone. In particolare gli investigatori hanno sentito familiari ed amici dell’imprenditore per ricostruire i suoi ultimi spostamenti e verificare se recentemente avesse avuto contrasti con altre persone. La Dda ha già disposto l’affidamento dell’incarico per l’autopsia. Chiodo è stato raggiunto da diversi colpi di fucile ed è morto all’istante. I carabinieri hanno poi ricevuto una telefonata anonima che ha segnalato l’omicidio. Chiodo era rimasto coinvolto nell’inchiesta chiamata ‘Show Down’ perchè era accusato di essere in rapporti con la cosca Sia-Procopio-Tripodi. L’uomo, in particolare, avrebbe avuto collegamenti con i vertici della ‘ndrina soprattutto per l’esecuzione di attività lavorative nell’ambito del movimento terra e dell’edilizia.
L’ALLARME DELLA DDA – «Con questi omicidi stanno seminando terrore». È quanto ha detto il Procuratore della Repubblica di Catanzaro e capo della Dda, Vincenzo Antonio Lombardo, circa gli omicidi avvenuti nella zona del soveratese. «Gli omicidi di questi giorni – ha aggiunto – vanno ricostruiti e decifrati con molta attenzione e questo non è un lavoro facile. Ci sono dinamiche nuove, gruppi e formazioni che vogliono attestare la loro supremazia? Questo è l’interrogativo che ci stiamo ponendo per cercare di sbrogliare una matassa di non facile lettura». Lombardo ha poi evidenziato che «il monopolio delle estorsioni resta sempre la principale attività di questi gruppi. Stiamo lavorando senza sosta e intensamente già da diverso tempo e ci auguriamo di poter dare delle risposte chiare e forti a tutto il comprensorio»
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