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REGGIO CALABRIA – Per Carmelo Murina il responso del Tribunale Collegiale di Reggio Calabria è impietoso: diciannove anni di reclusione in continuazione con altri procedimenti già passati in giudicato. Una sentenza dura, quella emessa poco prima delle 21 all’interno dell’aula bunker in uno stralcio del maxiprocesso “Agathos”, che, per quanto concerne lo stralcio degli abbreviati, ha già visto numerose condanne contro la cosca Tegano di Archi, che si sarebbe infiltrata nei lavori della pulizia dei treni all’interno della stazione ferroviaria. Il Collegio ha inoltre condannato a cinque anni e sei mesi di reclusione Giuseppe Morabito, uno dei fiancheggiatori del superboss Giovanni Tegano: il mammasantissima, infatti, sarà scovato dalla Squadra Mobile, nell’aprile 2010, a Terreti, proprio a casa dei Morabito. Assoluzione “per non aver commesso il fatto” per Francesco Trimboli, alias “Ciccio Mercatone”, per cui il pm della Dda, Giuseppe Lombardo, aveva chiesto ben ventidue anni di galera. Sul conto di Murina, dunque, pesano le dichiarazioni di svariati collaboratori di giustizia: da Roberto Moio a Consolato Villani e Nino Lo Giudice, fino all’ultimo pentito, Giacomo Toscano. Tutti concordi nell’indicare l’uomo, genero del presunto boss Michele Franco, come reggente del rione Santa Caterina, in nome e per conto della cosca Tegano. “Tutti i collaboratori di giustizia ci dicono che Carmelo Murina è un capo e quindi va trattato come tale” aveva detto nella propria requisitoria il pm Lombardo. E se la condanna di Morabito era pressoché scontata, a sorridere è, soprattutto, Ciccio Trimboli (difeso dagli avvocati Umberto Abate e Domenico Cartolano): l’uomo è stato assolto dalle accuse “per non aver commesso il fatto”, sebbene fosse considerato dall’accusa un personaggio chiave per la gestione dei Tegano dei lavori di pulizia dei treni all’interno della stazione ferroviaria di Reggio Calabria.

Francesco Trimboli, indicato nelle conversazioni con l’appellativo “il principale” sarebbe stato un soggetto pienamente consapevole delle attività dei Tegano, che, anzi, avrebbe favorito in maniera decisiva. La cosca, infatti, avrebbe controllato le maestranze della cooperativa “New Labor”, vincitrice di un appalto pubblico, ma non per questo denunciante contro la ‘ndrangheta. Con riferimento al troncone più corposo del processo abbreviato, alcuni mesi fa, i giudici d’appello hanno abbassato le condanne emesse in primo grado dal Gup di Reggio Calabria, Silvana Grasso, che aveva comminato pene per oltre centocinquanta anni di carcere complessivi. A Giovanni Tegano 12 anni, 10 anni a Michele Crudo e Carmine Polimeni, 8 anni a Domenico e Stefano Polimeni, 8 anni e 8 mesi a Giancarlo Siciliano, 6 anni a Carmelo Ivano e Giovambattista Fracapane, Davide Carmine Polimeni e Antonio Barillà. Resta invece immutata la pena per Antonio Morabito e Vincenzo Serafino, condannati entrambi a tre anni.  
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