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PER i senesi, che attorno della loro banca hanno fatto baricentro della vita di tutta la zona, il banchiere arrivato da Catanzaro e diventato vate dell’impero della finanza è da considerare un «ladro». Fuori dalla procura toscana, dove l’ex presidente di Mps è arrivato per rispondere alle domande dei magistrati sullo scandalo derivati, sono volate monetine. Come negli anni di tangentopoli, quando la folla se la prese con Bettino Craxi. E come, più di recente, quando Silvio Berlusconi rassegnò le dimissioni da premier aprendo la strada al governo tecnico di Monti.

Per Giuseppe Mussari, quel piccolo ma rumoroso gruppo di persone che lo ha aspettato per contestarlo ha segnato il punto più basso di una vita vissuta sempre ai massimi livelli, da quando lasciò la Calabria per andare a studiare all’università a Siena. Poi arrivò la carriera travolgente nel Monte Paschi, quindi la presidenza dell’Abi. Ora lo scandalo e secondo quanto rilancia l’Agi apprendendolo da fonti vicine all’inchiesta, il banchiere sta rispondendo alle domande dei magistrati che conducono le indagini sulla Banca senese. Mussari, accompagnato dai suoi avvocati Tullio Padovani e Fabio Pisillo, ha atteso 50 minuti prima di entrare nella stanza dei pm.

Per lui, all’accusa di manipolazione del mercato, falso in bilancio, aggiotaggio, truffa e false comunicazioni agli organi di vigilanza, si è aggiunta ieri anche quella di concorso in ostacolo alle funzioni di vigilanza di Bankitalia in relazione all’occultamento del contratto di ristrutturazione dell’operazione Alexandria, realizzata con la banca giapponese Nomura.

Per Siena, che è legata a doppio filo all’istituto di credito, è il crollo di un mito. Salutato con le monetine e gli insulti. 

Redazione web

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