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POTENZA – Scelgo Gianni Molinari, perché è un giornalista e dunque usa le mie stesse parole. E perchè è un potentino che guarda la sua città da lontano. Guida la redazione del Mattino a Salerno, nella città del miracolo meridionale, anche se su questo mi guarda un po’ perplesso.
«Ma tu conosci borgo Calle?», chiede lui a me. E inizia qui la trama della sua visione delle cose lucane, poco indulgente, sarcastica come quando continua a chiamare il sindaco Santarsiero #Vitocemento, rigida nel posizionamento di uno spartiacque – prima e dopo il terremoto dell’Ottanta – appassionata,  molto appassionata come può raccontarla uno che ricorda di essere  nato alla clinica Luccioni. Un potentino autentico, «tutti nascevano là». Mi dà lo spunto.
Diresti di essere un potentino o un lucano?
«Bella domanda»..ci pensa un po’ «sono un potentino, che qui è cresciuto e qui ha iniziato a fare il giornalista. Iniziamo a dire questo. Non è vero che qui non accade niente. Mario Trufelli dice che dove nasce e tramonta il sole non è possibile che non ci siano notizie. Anzi in qualche modo i fatti degli ultimi decenni hanno accompagnato la crescita della coscienza di una generazione di giornalisti. Certo è stata per molto tempo una professione povera, la svolta direi sicuramente i giorni di Scanzano, offrì a molti un’occasione, la spinta. Anche a me. L’Ansa mi mandò in giro per l’Italia e  lì è iniziato tutto»
Basilicata regione senza cronaca, vero? 
«Guarda, ci fu una volta, mi pare di ricordare per un omicidio a Gallicchio, non c’erano ancora i telefonini, Enzo Quaratino telefonò a tutti i numeri degli abitanti del paese che erano in elenco telefonico. Per dire che non è vero che non c’è un sostrato professionale, o non c’è stato. Certo il contesto è contesto. La storia e i numeri di questo territorio significano molto. Ma dipende da come ti avvicini a raccontare le cose, io dico sempre che dipende dalla forma della scarpa»
Il cerchio stretto delle relazioni non condiziona l’informazione?
«No, se i ruoli sono definiti. Da quando sono al Mattino ho lavorato a Caserta e ora a Salerno. Erano più definiti e netti i rapporti quando avevo a che fare con i Casalesi che non ora»
Gianni Molinari non vive più a Potenza dal 2005. E’ pendolare un paio di week end al mese. Quando può scappa. La sua base è di fronte al mare e questo ha contribuito ad allargargli l’orizzonte. 
Come la vedi oggi Potenza?
«In ginocchio. Quando vedo i cassonetti pieni mi viene da piangere. L’emergenza in Campania ci ha educato, è inconcepibile lì mettere insieme l’umido e l’ìndifferenziato. Non solo in città, dappertutto ormai. Ti multano, non te lo consentono più»
Bisogna passare per le grandi tragedie per acquisire consapevolezze, un po’ come è successo con il terremoto
«Il terremoto è stata una storia a parte. Uno spartiacque di rinascita ma anche di grandi errori strategici che mi pare oggi si stiano riproponendo con l’utilizzo delle risorse come il petrolio o con le logiche industriali. Il crac dei nostri comuni è dovuto principalmente alla mancanza della cultura della gestione. Per anni hanno pensato a consumare, senza saper gestire. Ecco perché Potenza è in ginocchio. E’ una città che si regge sulla spesa pubblica, e se questa si contrae, si contrae tutto, a iniziare dai consumi. Ma c’è un altra eredità drammatica che la cultura della spesa ci ha lasciato. Abbiamo perso lo spirito della costruzione, l’energia per fare le cose. Prendiamo Salerno. Vive una sana competizione con Napoli. Reagisce. Ha spirito d’iniziativa e cultura imprenditoriale. E sappiamo oggi la città come è percepita nel resto d’Italia. Certo anche lì ci sono mille problemi. Ma da noi quello che sembrava più facile, ora è diventato peso. Molte cose sono state assistite, agevolate. E così oggi siamo paralizzati. Abbiamo perso quello che Luca Meldolesi già vent’anni fa e più chiamava lo spirito del Mezzogiorno con gioia».
C’è oggi un pensatoio che può contribuire alla formazione di un nuovo spirito pubblico, secondo te?
«Mah, intanto c’era un istituto, l’Ibres, è stato smantellato»
Però la Basilicata è decisamente un Sud diverso, ha dei vantaggi. La Campania ha un dono divino, ma affoga nelle emergenze.
«No, guarda, questa prospettiva non mi convince. Ma non perché la Basilicata non sia un Sud  diverso. Lo è, certamente. Tutti gli amici che porto qui restano senza fiato. Non mi piace come strategia comunicativa. Il modello deve essere l’Umbria, il Trentino. La Basilicata più bella dell’Umbria, non la Basilicata migliore del resto del Sud. Il guaio è che  molti lucani non sono mai usciti dalle loro città»
Come sei spietato, Gianni

POTENZA – Scelgo Gianni Molinari, perché è un giornalista e dunque usa le mie stesse parole. E perchè è un potentino che guarda la sua città da lontano. Guida la redazione del Mattino a Salerno, nella città del miracolo meridionale, anche se su questo mi guarda un po’ perplesso.«Ma tu conosci borgo Calle?», chiede lui a me. E inizia qui la trama della sua visione delle cose lucane, poco indulgente, sarcastica come quando continua a chiamare il sindaco Santarsiero #Vitocemento, rigida nel posizionamento di uno spartiacque – prima e dopo il terremoto dell’Ottanta – appassionata,  molto appassionata come può raccontarla uno che ricorda di essere  nato alla clinica Luccioni. Un potentino autentico, «tutti nascevano là». Mi dà lo spunto.

Diresti di essere un potentino o un lucano?

«Bella domanda»..ci pensa un po’ «sono un potentino, che qui è cresciuto e qui ha iniziato a fare il giornalista. Iniziamo a dire questo. Non è vero che qui non accade niente. Mario Trufelli dice che dove nasce e tramonta il sole non è possibile che non ci siano notizie. Anzi in qualche modo i fatti degli ultimi decenni hanno accompagnato la crescita della coscienza di una generazione di giornalisti. Certo è stata per molto tempo una professione povera, la svolta direi sicuramente i giorni di Scanzano, offrì a molti un’occasione, la spinta. Anche a me. L’Ansa mi mandò in giro per l’Italia e  lì è iniziato tutto»

Basilicata regione senza cronaca, vero? «Guarda, ci fu una volta, mi pare di ricordare per un omicidio a Gallicchio, non c’erano ancora i telefonini, Enzo Quaratino telefonò a tutti i numeri degli abitanti del paese che erano in elenco telefonico. Per dire che non è vero che non c’è un sostrato professionale, o non c’è stato. Certo il contesto è contesto. La storia e i numeri di questo territorio significano molto. Ma dipende da come ti avvicini a raccontare le cose, io dico sempre che dipende dalla forma della scarpa»

Il cerchio stretto delle relazioni non condiziona l’informazione?

«No, se i ruoli sono definiti. Da quando sono al Mattino ho lavorato a Caserta e ora a Salerno. Erano più definiti e netti i rapporti quando avevo a che fare con i Casalesi che non ora»

Gianni Molinari non vive più a Potenza dal 2005. E’ pendolare un paio di week end al mese. Quando può scappa. La sua base è di fronte al mare e questo ha contribuito ad allargargli l’orizzonte. 

Come la vedi oggi Potenza?

«In ginocchio. Quando vedo i cassonetti pieni mi viene da piangere. L’emergenza in Campania ci ha educato, è inconcepibile lì mettere insieme l’umido e l’ìndifferenziato. Non solo in città, dappertutto ormai. Ti multano, non te lo consentono più» 

… L’INTERVISTA CONTINUA A PAGINA 13 DEL QUOTIDIANO DELLA BASILICATA 

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