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Così si riparteAnche da Sud
D’Alema incontra le parti sociali, ascolta e rilancia«Il voto al Pd significa anche un governo stabile»
di SARA LORUSSO
Il motivo di un simile incontro, spetta al presidente della Regione raccontarlo. Vito De Filippo è candidato al parlamento pure lui, certo, ma soprattutto può raccontare la difficile mediazione delle relazioni tra territorio e Stato. E allora capita che a mettere le categorie produttive, i sindacati, le parti sociali in una stessa stanza e chiedere all’ex ministro degli Esteri, uomo fortissimo del Pd,  vuol dire anche «affrontare la fatica della campagna elettorale, non solo il circo di luci noioso e distante dai problemi reali della gente». 
Roberto Speranza, segretario regionale del Pd e capolista alla Camera, sceglie di ri-portare D’Alema in Basilicata mettendolo davanti a racconti, critiche e suggerimenti. Il governo che verrà, in fondo, con questo tessuto sociale dovrà inevitabilmente fare i conti. D’Alema ascolta, paziente, in una sede del Pd affollata di gente e via vai. 
Dal canto suo De Filippo mette sul tavolo il «modello Basilicata», quello che riesce a mantenere i conti a posto e che rende il patto di stabilità un sistema di mutuo soccorso tra le amministrazioni. La relazione iniziale tocca a Erminio Restaino, ex assessore regionale, defenestrato ai tempi dell’inchiesta su Fenice. Nel discorso che fa volentieri, ma che forse non si aspettava di dover tenere, tratteggia le politiche lucane, e loda la concertazione per la programmazione Basilicata 2012. 
C’erano tutte le categorie a dire la loro. I piccoli imprenditori, gli artigiani sono schiacciati dal sistema bancario. L’accesso al credito, racconta, tra gli altri, Antonio Miele, sembra un miraggio lontano. Se si aggiungono la pressione fiscale, la mancanza di mercato e la burocrazia pesante si capisce come siano al collasso. 
Di lavoro si può parlare anche da altri fronti: ricerca, conoscenza, occupazione sono temi «che abbiamo svalutato – fa notare Alessandro Genovesi, segretario generale della Cgil lucana – E’ vero, dobbiamo fare i conti con delle diseconomie importanti, ma nello scegliere le priorità bisogna ragionare sui destini comuni». 
E se «non cogliamo ora questi piccoli segnali di ripresa – ha detto la sua anche il presidente di Confindustria, Michele Somma – il rischio di desertificazione economica è altissimo». Sono alcune delle sfide che si troverà davanti il nuovo governo. 
E per questo, ha ripetuto più volte D’Alema, dovrà essere un governo stabile. Punta più volte sul voto utile, che non racconta come esclusivo. L’orizzonte è l’allargamento, è il dialogo («dovrà governare la maggioranza effettiva del Paese»), ma la partenza deve essere la stabilità («la maggioranza politica al centrosinistra»).  
Il punto lo aveva già focalizzato De Filippo: basta prendere la Basilicata, i suoi temi. Fiat, salotto, demografia, infrastrutture. «Ecco, anche con i nostri bravi parlamentari, senza un solido governo di interlocuzione, non si esce dall’urgenza». 
Perché qui, a Mezzogiorno, non si chiede un «piano straordinario di sostegno». Il Sud deve essere necessità, «dopo essere stato abbandonato», D’Alema raccoglie. Poi trattiene tutti per quasi un’ora. 
Più volte torna sul senso di un voto al Pd. E ogni volta il messaggio suona come una chiamata alla responsabilità. Bipartisan, del partito, dei cittadini. «Noi mettiamo nel dibattito un programma fatto di concretezza, proposte serie, previsioni di spesa esatte». La proposta di abolire «multe o vigili urbani» la lascia ad altri. 
Lo sguardo a questa campagna elettorale incrocia «tanti, forse troppi protagonisti. Alcuni validi, altri che non corrono per vincere. 
«La prima misura utile alla crescita del Paese è un governo stabile, che non replichi la fragilità anche dei precedenti governi del centrosinistra. «Questa coalizione non è l’Unione, e chi allora stava al governo con noi e faceva i cortei, oggi sta con Ingroia: stanno bene dove stanno e quelli, pur camuffati da “società civile”, sono i militanti di una volta che conosciamo bene». Difende l’alleato, il governatore pugliese, «espressione della sinistra radicale, capace di stare al governo. Vendola non è il capo del Kgb e in Puglia non ci sono Gulag ma un’economia di mercato funzionante». Ecco perché «Monti si deve calmare: siamo un Paese la cui borghesia si è fatta governare da Storace e Borghezio».
Si racconta da «pentito della modifica del Titolo V, che ha allontanato lo Stato, senza semplificare». In fondo è «anche per questo che non investono in Italia. Serve la semplificazione delle procedure, magari inasprendo le punizioni per chi mente: ma bisogna dare la possibilità ai cittadini, agli imprenditori di partire in un giorno». Serve anche la riforma della giustizia, serve ragionare sul lavoro. «Ma basta con questa favoletta che l’articolo 18 sia il problema. Si tolga dal tavolo disputa ideologica». L’applauso parte quando ricorda la capacità di ragionare insieme dei sindacati lucani. 
In un momento in cui «non serve né il populismo europeo, né l’europeismo acquiescente», bisogna usare concretezza nel dare le risposte che la società (compresa quella rappresentata ieri nella sede del Pd) si aspetta. «Partiamo, per esempio, dal patto di stabilità. Serve una interpretazione ragionevole. Nessuna famiglia metterebbe gli investimenti nella colonna delle spese». Perché il pd che vuole governare questa fase complessa è «pronto a raccogliere persino meccanismi stringenti di controllo sulla governance,  parte dell’Europa. Purché si metta in piedi una politica espansiva».
La sede democratica piena di imprenditori, artigiani e sindacalisti. All’ex premier presentato il modello Basilicata con Speranza e De Filippo protagonisti di giornata insieme all’ex assessore regionale all’industria Restaino

Il motivo di un simile incontro, spetta al presidente della Regione raccontarlo. Vito De Filippo è candidato al parlamento pure lui, certo, ma soprattutto può raccontare la difficile mediazione delle relazioni tra territorio e Stato. E allora capita che a mettere le categorie produttive, i sindacati, le parti sociali in una stessa stanza e chiedere all’ex ministro degli Esteri, uomo fortissimo del Pd,  vuol dire anche «affrontare la fatica della campagna elettorale, non solo il circo di luci noioso e distante dai problemi reali della gente». Roberto Speranza, segretario regionale del Pd e capolista alla Camera, sceglie di ri-portare D’Alema in Basilicata mettendolo davanti a racconti, critiche e suggerimenti. Il governo che verrà, in fondo, con questo tessuto sociale dovrà inevitabilmente fare i conti. D’Alema ascolta, paziente, in una sede del Pd affollata di gente e via vai. Dal canto suo De Filippo mette sul tavolo il «modello Basilicata», quello che riesce a mantenere i conti a posto e che rende il patto di stabilità un sistema di mutuo soccorso tra le amministrazioni. La relazione iniziale tocca a Erminio Restaino, ex assessore regionale, defenestrato ai tempi dell’inchiesta su Fenice. Nel discorso che fa volentieri, ma che forse non si aspettava di dover tenere, tratteggia le politiche lucane, e loda la concertazione per la programmazione Basilicata 2012. C’erano tutte le categorie a dire la loro. I piccoli imprenditori, gli artigiani sono schiacciati dal sistema bancario. L’accesso al credito, racconta, tra gli altri, Antonio Miele, sembra un miraggio lontano. Se si aggiungono la pressione fiscale, la mancanza di mercato e la burocrazia pesante si capisce come siano al collasso. Di lavoro si può parlare anche da altri fronti: ricerca, conoscenza, occupazione sono temi «che abbiamo svalutato – fa notare Alessandro Genovesi, segretario generale della Cgil lucana – E’ vero, dobbiamo fare i conti con delle diseconomie importanti, ma nello scegliere le priorità bisogna ragionare sui destini comuni». E se «non cogliamo ora questi piccoli segnali di ripresa – ha detto la sua anche il presidente di Confindustria, Michele Somma – il rischio di desertificazione economica è altissimo». Sono alcune delle sfide che si troverà davanti il nuovo governo. E per questo, ha ripetuto più volte D’Alema, dovrà essere un governo stabile. Punta più volte sul voto utile, che non racconta come esclusivo. L’orizzonte è l’allargamento, è il dialogo («dovrà governare la maggioranza effettiva del Paese»), ma la partenza deve essere la stabilità («la maggioranza politica al centrosinistra»).  Il punto lo aveva già focalizzato De Filippo: basta prendere la Basilicata, i suoi temi. Fiat, salotto, demografia, infrastrutture. «Ecco, anche con i nostri bravi parlamentari, senza un solido governo di interlocuzione, non si esce dall’urgenza». Perché qui, a Mezzogiorno, non si chiede un «piano straordinario di sostegno». Il Sud deve essere necessità, «dopo essere stato abbandonato», D’Alema raccoglie. Poi trattiene tutti per quasi un’ora. Più volte torna sul senso di un voto al Pd. E ogni volta il messaggio suona come una chiamata alla responsabilità. Bipartisan, del partito, dei cittadini. «Noi mettiamo nel dibattito un programma fatto di concretezza, proposte serie, previsioni di spesa esatte». La proposta di abolire «multe o vigili urbani» la lascia ad altri. Lo sguardo a questa campagna elettorale incrocia «tanti, forse troppi protagonisti. Alcuni validi, altri che non corrono per vincere. «La prima misura utile alla crescita del Paese è un governo stabile, che non replichi la fragilità anche dei precedenti governi del centrosinistra. «Questa coalizione non è l’Unione, e chi allora stava al governo con noi e faceva i cortei, oggi sta con Ingroia: stanno bene dove stanno e quelli, pur camuffati da “società civile”, sono i militanti di una volta che conosciamo bene». Difende l’alleato, il governatore pugliese, «espressione della sinistra radicale, capace di stare al governo. Vendola non è il capo del Kgb e in Puglia non ci sono Gulag ma un’economia di mercato funzionante». Ecco perché «Monti si deve calmare: siamo un Paese la cui borghesia si è fatta governare da Storace e Borghezio».Si racconta da «pentito della modifica del Titolo V, che ha allontanato lo Stato, senza semplificare». In fondo è «anche per questo che non investono in Italia. Serve la semplificazione delle procedure, magari inasprendo le punizioni per chi mente: ma bisogna dare la possibilità ai cittadini, agli imprenditori di partire in un giorno». Serve anche la riforma della giustizia, serve ragionare sul lavoro. «Ma basta con questa favoletta che l’articolo 18 sia il problema. Si tolga dal tavolo disputa ideologica». L’applauso parte quando ricorda la capacità di ragionare insieme dei sindacati lucani. In un momento in cui «non serve né il populismo europeo, né l’europeismo acquiescente», bisogna usare concretezza nel dare le risposte che la società (compresa quella rappresentata ieri nella sede del Pd) si aspetta. «Partiamo, per esempio, dal patto di stabilità. Serve una interpretazione ragionevole. Nessuna famiglia metterebbe gli investimenti nella colonna delle spese». Perché il pd che vuole governare questa fase complessa è «pronto a raccogliere persino meccanismi stringenti di controllo sulla governance,  parte dell’Europa. Purché si metta in piedi una politica espansiva».La sede democratica piena di imprenditori, artigiani e sindacalisti. All’ex premier presentato il modello Basilicata con Speranza e De Filippo protagonisti di giornata insieme all’ex assessore regionale all’industria Restaino

 

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