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REGGIO CALABRIA – «Chiedo che il procuratore della Repubblica richieda la revoca dell’archiviazione e chieda di rinviarmi a giudizio, richiesta cui non intendo oppormi». Queste le parole del magistrato Alberto Cisterna, che oggi pomeriggio ha tenuto una conferenza stampa, all’indomani dell’archiviazione della sua posizione in merito all’iscrizione nel registro degli indagati per corruzione.
«Chiedo il giudizio immediato – ha aggiunto Cisterna – senza la fatica dell’udienza preliminare». Cisterna chiede giustizia piena sulla sua persona, dicendosi assolutamente insoddisfatto delle 500 pagine di richiesta di archiviazione, più altre 80 pagine vergate dal gip. «Il decreto di archiviazione – ha più volte ribadito il magistrato – è per me inaccettabile perché per me è inaccettabile la ricostruzione dei fatti in esso contenuta». Cisterna ha ricostruito la cronistoria dei rapporti con Luciano Lo Giudice, ed ha respinto punto su punto le accuse del fratello di Luciano, il collaboratore di giustizia Nino Lo Giudice. Il magistrato, in particolare, ha contestato che Nino abbia lanciato accuse verso la sua persona ben oltre i 180 giorni che la legge concede ai collaboratori di giustizia per raccontare tutti i fatti “indimenticabili”. «E la presunta corruzione di un giudice – ha precisato Cisterna – non è certo un fatto che si può dimenticare». Ancora, Cisterna ha rivelato che la lettera inviatagli da Luciano fu da lui stesso consegnata al procuratore di Reggio Calabria nel 2010, ossia un anno e 10 giorni prima dell’interrogatorio sostenuto davanti allo stesso procuratore, e non come invece risulta nel decreto di archiviazione, solo 10 giorni prima. «Devo reagire – ha concluso ribadendo la richiesta che si pervenga alla revoca dell’archiviazione – ad un’attività che reputo abnorme e lesiva dei miei diritti».
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