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MILANO – «Si deve ritenere e affermare, alla luce delle inchieste della Dda di Milano, che la ‘ndragheta ha ripartito il territorio di gran parte, se non di tutta, della ricca Regione Lombardia (oltre che della altre Regioni del Nord Italia) secondo un criterio ‘a zone’, che non lascia fuori nulla e garantisce un controllo pressochè assoluto su tutte le attività oggetto di interesse». È quanto si legge nel documento di sintesi della relazione territoriale sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nelle Regione Lombardia, presentata a Palazzo Marino dal presidente della Commissione parlamentare, Gaetano Pecorella, dal procurato capo di Milano, Edmondo Bruti Liberati, e dal sindaco di Milano, Giuliano Pisapia. Nella relazione si parla anche di Expo e si definisce non «espisodico» il coinvolgimento della ‘ndrangheta nei lavori.
Parlando coi giornalisti, Pecorella ha sottolineato come la Lombardia sia ai «primo posti» nella raccolta e lo smaltimento dei rifiuti. Ma ha denunciato la presenza di due problemi: l’esistenza di «terreni avvelenati, ancora non bonificati», e la «presenza molto articolata delle infiltrazioni mafiose», in particolare modo della ‘ndrangheta. Il presidente della Commissione non ha voluto fornire numeri o percentuali di questa presenza. «Si tratta di numeri molto alti, credo sia proprio uno Stato nello Stato». Quanto a Bruti Liberati, ha sottolineato che solo a Milano sono «decine» le inchieste che hanno evidenziato anche «alcuni collegamenti tra la ‘ndrangheta e imprese sane milanesi». Per Pisapia, è un «segnale importante» che Milano e la Lombardia siano «all’avanguardia nella lotta al riciclaggio dei rifiuti». Il sindaco di Milano ha sottolineato l’impegno delle istituzioni, della magistratura e delle forze dell’ordine contro le infiltrazioni mafiose e auspicato «concretezza nei controlli».
Dagli episodi citati, si afferma, «appare evidente che nella fase iniziale dei lavori, non ha funzionato l’attività amministrativa di prevenzione, volta a impedire l’intervento subdolo e indiretto della ‘ndrangheta nelle opere dell’Expo 2015». Il rapporto ritiene che «l’impresa mafiosa abbia raggiunto un preoccupante livello di accettazione sociale che finisce con l’accrescerne la forza economica, il prestigio, il tessuto di omertà e, in definitiva, il potere». «Nonostante la pessima fama che accompagna gli uomini della ‘ndrangheta – si prosegue -, accade che con piena consapevolezza non solo imprenditori, ma anche uomini delle istituzioni e uomini politici, consiglieri provinciali e regionali si rapportino a personaggi del livello mafioso, quale quello di Salvatore Strangio, rivolgendo loro richieste di intervento e di favori vari, anche di carattere politico-elettorali». «Da quando, nel 2001, è stato introdotto nel nostro ordinamento il delitto che punisce le attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, nella provincia di Milano si sono svolte circa il 10 per cento di tutte le inchieste italiane: ciò ha posto in evidenza la presenza della criminalità ambientale, anche di tipo mafioso, negli appalti relativi al movimento terra nei cantieri pubblici e privati e nello smaltimento delle scorie industriali. Mentre per quel che riguarda i rifiuti urbani, il livello di industrializzazione raggiunto rende di per sè generalmente immune dalle infiltrazioni illecite la gestione del ciclo, nel settore dei rifiuti speciali (che rappresentano l’80 per cento del totale dei rifiuti prodotti nella regione) il rischio di attività illecite connesse al traffico di rifiuti come pure l’interesse delle cosche è dimostrato da numerose inchieste della magistratura».
«In particolare – sottolinea sempre la relazione – le indagini della procura della Repubblica sulle infiltrazioni mafiose nel settore dei rifiuti investono lo specifico settore del movimento terra, nel quale la ‘ndrangheta di fatto opera in regime di monopolio. L’infiltrazione mafiosa nel movimento terra, con il controllo dei camion e dei mezzi utilizzati in tale settore, comporta quale diretta conseguenza il controllo del traffico dei rifiuti pericolosi e non pericolosi, che vengono gestiti in modo del tutto arbitrario e in violazione di ogni regola o criterio di corretto smaltimento». Una parte della relazione è dedicata all’analisi dei rapporti con la politica. «Il movimento terra costituisce il settore primigenio di interesse della ‘ndrangheta imprenditrice, grazie alla presenza sul mercato lombardo e, in particolare su quello di un vero e proprio esercito di «padroncini calabresi», tutti collusi e sempre disponibili i quali, per un verso, costituiscono un serbatoio pressochè inesauribile, cui attingere a piene mani per il controllo dell’intero settore e, per altro verso, forniscono alla ‘ndrangheta un altrettanto notevole serbatoio di voti da far valere al momento opportuno nei rapporti con la classe politica. In tale contesto, il passaggio della ‘ndrangheta dal settore economico a quello politico diventa molto breve e del tutto automatico, anche in virtù dei consensi elettorali che la ‘ndrangheta è in grado di procacciare. E questo spiega i rapporti tra i mafiosi e alcuni referenti politici a livello regionale, quale è emerso in numerose inchieste giudiziarie».
MAFIA E POLITICA. La ‘ndrangheta è un «soggetto che raccoglie intorno a sè consenso sociale, con la conseguenza che, avendo consenso sociale, ha i voti e da questo ne deriva che vi siano dei radicamenti a livello politico». Così Gaetano Pecorella, parlando della situazione lombarda. La ‘ndrangheta, ha spiegato Pecorella, «garantisce anche quel tanto di consenso che può interessare a livello locale qualche politico: i colori poco contano, contano i rapporti che possono avere sul territorio e la volontà di ottenere i risultati, non c’è un partito particolarmente collegato».
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