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REGGIO CALABRIA – La ‘ndrangheta si era inserita nell’appalto per la costruzione della «casa della legalità e della cultura» di Polsi, un’opera consistente nella ristrutturazione di un fabbricato rurale nel comun aspromontano di San Luca (Rc), per un importo di circa 600.000 euro finanziato dal Pon sicurezza. È la conclusione a cui sono giunte le indagini della Dda di Reggio Calabria, che ha ordinato due arresti eseguiti stamane dai Carabinieri. In carcere sono finiti Giuseppe Iofrida, 39 anni, di professione architetto e Giuseppe Nirta, 26, legato da vincoli di parentela con esponenti del clan di ‘ndrangheta Mammoliti». Il provvedimento restrittivo è stato emesso in seguito ad un’operazione dei Carabinieri del 15 osettembre 2011, denominata «metano a San Luca», in occasione della quale erano stati o stati emessi 7 provvedimenti di fermo di indiziato di delitto. Gli arrestati di oggi, secondo gli inquirenti, sono vicini alla ‘ndrina Mammoliti alias «fischiante» di San Luca, ramificata su tutto il territorio nazionale. Il capo clan, Francesco Mammoliti, era stato arrestato nell’ambito dell’operazione del 2011. Giuseppe Iofrida, incensurato e di professione architetto e Giuseppe Nirta, legato da vincoli di parentela con Mammoliti, avrebbero assicurato alla cosca il controllo mafioso del territorio ed il controllo dell’appalto. In particolare, dalle investigazioni sarebbe emerso che sia l’architetto Iofrida sia Nirta, titolare dell’omonima impresa edile, sono stati coinvolti, a vario titolo e con differenti ruoli, nella gestione occulta dell’appalto pubblico, fornendo un’indispensabile collaborazione a Mammoliti.

Iofrida, sempre secondo la Dda, avrebbe agito in funzione di collegamento tra il capocosca i Francesco Mammoliti, vero titolare della ditta individuale intestata al nipote Stefano, che aveva fornito i mezzi meccanici impegnati nel cantiere, e gli operai della ditta Nisca di Cotronei (Kr), aggiudicataria dell’esecuzione delle opere relative all’appalto. Il professionista, « reiteratamente e consapevolmente» secondo i magistrati della Dda, avrebbe depistato le indagini fornendo dichiarazioni fuorvianti. L’uomo avrebbe intrattenuto numerosi contatti telefonici con Francesco Mammoliti e Francesco Messineo, arrestato nel luglio del 2012 dai Carabinieri, con l’accusa di essere materialmente l’alter ego di Mammoliti nella gestione dell’appalto. I contatti telefonici avvenivano mediante l’utilizzo di una scheda sim intestata ad una compagna di scuola dell’architetto. Ottenuta la nomina di direttore tecnico dell’impresa Nisca, avrebbe fatto assumere operai riconducibili alla ‘ndrina Strangio «Janchi», sodalizio criminale assoggettato alla ‘ndrina Mammoliti, tra cui Antonio Messineo, 41 anni, cugino di primo grado della moglie del boss Mammoliti, Francesco, raggiunto da un avviso di garanzia in ordine al reato di fittizia intestazione di beni aggravata dall’aver agevolato organizzazioni mafiose.
Iofrida, tra l’altro, avrebbe chiesto all’impresa Nisca di stipulare contratti di «nolo a freddo» con l’impresa individuale di Stefano Mammoliti, «creando altresì – scrivono gli inquirenti – uno stato di assoggettamento nei confronti di Scavelli Nicola, titolare della ditta Nisca, facendo assumere operai vicini ai Mammoliti, nonchè facendo lavorare mezzi della ditta del nipote dello stesso». 

Iofrida, sempre secondo la Dda, avrebbe agito in funzione di collegamento tra il capocosca i Francesco Mammoliti, vero titolare della ditta individuale intestata al nipote Stefano, che aveva fornito i mezzi meccanici impegnati nel cantiere, e gli operai della ditta Nisca di Cotronei (Kr), aggiudicataria dell’esecuzione delle opere relative all’appalto. Il professionista, « reiteratamente e consapevolmente» secondo i magistrati della Dda, avrebbe depistato le indagini fornendo dichiarazioni fuorvianti. L’uomo avrebbe intrattenuto numerosi contatti telefonici con Francesco Mammoliti e Francesco Messineo, arrestato nel luglio del 2012 dai Carabinieri, con l’accusa di essere materialmente l’alter ego di Mammoliti nella gestione dell’appalto. I contatti telefonici avvenivano mediante l’utilizzo di una scheda sim intestata ad una compagna di scuola dell’architetto. Ottenuta la nomina di direttore tecnico dell’impresa Nisca, avrebbe fatto assumere operai riconducibili alla ‘ndrina Strangio «Janchi», sodalizio criminale assoggettato alla ‘ndrina Mammoliti, tra cui Antonio Messineo, 41 anni, cugino di primo grado della moglie del boss Mammoliti, Francesco, raggiunto da un avviso di garanzia in ordine al reato di fittizia intestazione di beni aggravata dall’aver agevolato organizzazioni mafiose.Iofrida, tra l’altro, avrebbe chiesto all’impresa Nisca di stipulare contratti di «nolo a freddo» con l’impresa individuale di Stefano Mammoliti, «creando altresì – scrivono gli inquirenti – uno stato di assoggettamento nei confronti di Scavelli Nicola, titolare della ditta Nisca, facendo assumere operai vicini ai Mammoliti, nonchè facendo lavorare mezzi della ditta del nipote dello stesso». 

 

 In merito al ruolo di Giuseppe Nirta, gli inquirenti, nell’ordinanza a suo carico, scrivono che «gli elementi raccolti sul suo conto confermano i rapporti con il capocosca Francesco Mammoliti e gli altri sodali in relazione all’appalto in questione. Per realizzare tale condotta l’indagato stesso, reiteratamente e consapevolmente, depistava le indagini fornendo dichiarazioni fuorvianti e contrastanti con altre dichiarazioni acquisite nel corso delle indagini medesime». Inoltre, «al fine di evitare eventuali indagini svolte nei suoi confronti e nei confronti di suo zio Francesco, nonchè al fine di agevolare le attività delittuose poste in essere da entrambi», avrebbe negato di aver intrattenuto contatti con quest’ultimo «asserendo anche di non avere nulla a che fare con l’appalto in questione». In ogni caso, a parere della Dda reggina, grazie all’attività dei due arrestati, il clan «ha potuto proseguire nell’accaparramento dell’esecuzione delle opere pubbliche nel territorio in cui l’associazione esercita la sua influenza».
Per la gestione dello stesso appalto, il 6 luglio 2012 era stato arrestato Francesco Messineo, indicato negli atti giudiziari come «l’alter ego» di Francesco Mammoliti nella gestione dell’affare. Due avvisi di garanzia erano stati notificati ad Antonio Messineo ed allo stesso Giuseppe Nirta, ritenuti responsabili del reato di fittizia intestazione di beni, aggravata dall’aver agevolato organizzazioni mafiose.
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