VIBO VALENTIA – Sono stati scoperti ed arrestati i presunti autori dell’omicidio di Davide Fortuna, l’uomo ucciso il 6 luglio scorso mentre era in spiaggia con moglie e figli a Vibo Valentia marina. Gli agenti della squadra mobile di Vibo Valentia hanno compiuto un’operazione che ha portato all’arresto di una persona ed alla notifica in carcere di un provvedimento restrittivo nei confronti altre due persone già detenute. All’operazione hanno partecipato anche gli agenti della sezione Criminalità Organizzata della squadra mobile di Catanzaro e del Servizio Centrale Operativo. Le indagini della polizia sono state coordinate dalla Procura Distrettuale Antimafia di Catanzaro.
Secondo la ricostruzione anticipata oggi dall’edizione cartacea del “Quotidiano della Calabria”, Vasvi Beluli, alias “Jimmy il Macedone”, confessa. È lui il killer venuto da fuori, quello col volto sconosciuto, l’uomo che il 6 luglio scorso scatenò morte e terrore sulla spiaggia del Pennello, a Vibo Marina. Ha trent’anni, è residente a Canino, nel Viterbese, ed è un sicario della scuderia di Salvatore Callea da Oppido Mamertina, assoldato dagli eredi del defunto Fortunato Patania. Alla notifica del fermo d’indiziato di delitto a suo carico, per altri delitti legati alla sanguinaria faida sulla rotta Stefanaconi-Piscopio, ha compreso che una volta entrato in galera ci sarebbe rimasto a vita. Così, il 26 novembre scorso, ha confessato tutto, anche quell’omicidio, il più eclatante, il più brutale, che non gli era ancora contestato. Davide Fortuna – racconta al pm Simona Rossi il boia venuto dai Balcani – lo volevano morto i Patania, che pagarono per farlo fuori. Lui, Beluli, fulminò la vittima, sdraiata su un telo da mare dopo aver fatto il bagno, davanti agli occhi della moglie, dei figli, della madre. Sparò con una pistola calibro 9 parabellum rubata il 3 gennaio del 2009 ad un poliziotto in servizio alla Questura di Alessandria. Sparò col volto semitravisato da un paio d’occhiali a goccia, in tenuta da bagnante. Sapeva che l’obiettivo da eliminare aveva un grande cerotto sulla spalla. Glielo avrebbero detto «Franco e Peppe», ovvero Francesco Alessandria e Giuseppe Patania.
Anche il tizio che l’accompagnò nella missione di morte ora ha un nome. Si chiama Sebastiano Malavenda, 27 anni, residente a Gallico di Reggio Calabria. È un altro azionista di Salvatore Callea, l’amico dei Patania in rapporti coi Mancuso di Limbadi. Callea li avrebbe portati a Vibo Marina – racconta “Jimmy il “Macedone” – e, una volta, consumato il delitto, assicurò loro una fuga sicura. Malavenda guidava lo scooter, Beluli scese dal mezzo, fermatosi col motore acceso sul ciglio della strada di via Arenile. Poche decine di metri per raggiungere Davide Fortuna, poi l’esecuzione, il panico, il tentativo disperato della moglie della vittima di inseguire e bloccare il sicario. Un tentativo dissuaso dai colpi esplosi in aria dallo stesso Malavenda, per coprire la ritirata del killer straniero, che risalì quel fazzoletto di spiaggia e poi balzò a bordo della moto. Sparirono. Beluli confessa e, assieme a Malavenda e Callea, è destinatario dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip Maria Rosaria Di Girolamo su richiesta del pm antimafia Simona Rossi, dell’aggiunto Giuseppe Borrelli e del procuratore capo di Catanzaro Antonio Vincenzo Lombardo.
IL SERVIZIO COMPLETO, A FIRMA DI PIETRO COMITO, SULL’EDIZIONE CARTACEA DI OGGI DEL QUOTIDIANO DELLA CALABRIA.