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REGGIO CALABRIA – Quando gli uomini del Ros e i Cacciatori dei carabinieri hanno sfondato la porta della villa, hanno pensato di aver fatto irruzione sul set di “Scarface”. Solo che quella non era una scenografia cinematografica, era la casa di Michele Bellocco. E tutto quello che li circondava non era cartone e gesso da allestimento, ma marmi e legno pregiati. Alle pareti decine di quadri e sui tavoli della zona giorno oggetti d’oro e argenti lavorati finemente, porcellane e sculture. Sullo sfondo una scalinata a doppia rampa ellittica per raggiungere il piano notte. Una casa identica a quella immaginata da Oliver Stone e utilizzata da Al Pacino nell’interpretazione del narcotrafficante cubano.L’uomo indicato dai magistrati di Reggio Calabria e Milano come il reggente del clan di Rosarno viveva in una villa principesca. Sul gusto ci sarebbe molto da dire, ma in quanto a capacità di stupire sfoggiando opulenza era imbattibile. Al nord, sempre secondo i magistrati, i suoi sodali non si facevano problemi a licenziare i ragazzi dei call center gestiti dall “Bleu Call”, in Calabria il presunto boss non si faceva mancare nulla. Tre piani in tutto. Una cantina ricca di ogni ben di Dio in stile calabrese (con tanto di salsicce appese al soffitto). Un primo livello, per così dire di rappresentanza. E un secondo piano nel quale erano ospitate le camere da letto. Don Michele vivena tra cobra laminati in oro e quadri che raffigurano donne col mitra in mano. All’esterno la casa sembra una quasi normale villa a tre piani, per la verità anche piuttosto trascurata nella manutenzione. Dentro no. Agli ospiti, pochi e selezionati, che gli facevano visita a Rosarno, Michele Bellocco riservava il meglio.Le visite non desiderate erano controllate dall’interno della cosa con un sistema di video sorveglianza (che è stato sequestrato) all’avanguardia. Ed è forse per queste che nonostante i carabinieri si siano abbattuti sulla villa in pochi secondi, l’uomo era già in jeans.
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