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Non sempre le storie di matrimoni per procura trasmettono un senso di tristezza. Ve ne raccontiamo una a lieto fine, per gentile concessione del suo autore, il collega Giovanni Lucà, che la pubblicò un paio di anni addietro nell’edizione cartacea de “Il Quotidiano della Calabria”.
Festeggiano 50 anni di matrimonio, ma assieme, davanti al prete, ci vanno soltanto oggi. Eppure Angela Zurzolo e Giuseppe Condemi sono sposati regolarmente, soltanto che il loro “Sì” era stato pronunciato per procura. La loro è l’ennesima storia, straordinaria per quanto normale, che lascia in eredità il fenomeno dell’emigrazione; una storia che ha origine oltre mezzo secolo fa. Lei, Angela, viveva a Samo, un piccolo centro aspromontano, di famiglia contadina e lavorava nei campi. Lui, Giuseppe, originario di Ferruzzano, altro centro della vallata Laverde, di famiglia più agiata, ha fatto il carabiniere per quattro anni e dopo aver lasciato l’Arma per motivi di salute, raggiunse i suoi nella lontana Australia. Si emozionano ancora, rivangando nei ricordi. “Raccoglievo le olive –dice la signora Angela- quante ne ho raccolte! E una mia cugina che aspettava di partire per l’Australia dove era emigrato il marito, mi ripeteva: non devi fare questa vita, devi andare via di qua”. La convinse a recarsi a Bovalino per cercare un fotografo e farsi fare una bella foto. Ci pensò quella cugina assieme ad altri parenti a spedirla verso il Nuovo Mondo. I genitori di lei non ne volevano sapere, erano contrari. Dall’altra parte del globo intanto Giuseppe rifiutava di sposarsi; forse i problemi di salute che gli derivavano dal periodo della guerra lo inducevano ad essere un po’ restio. Poi arrivò un suo parente con quella foto partita da Samo: “Ho detto subito di si, che andava bene –dice- la garanzia che fosse una brava ragazza me la dava la sua provenienza, sapevo che Samo era abitato da brave persone, da onesti lavoratori”. Dopo pochi giorni partì per l’Italia pure la sua foto ed anche Angela l’accolse con fiducia. E con la speranza di proiettarsi verso una vita migliore; lei era una bella ragazza, ma aveva il torto di essere povera. Le giravano attorno giovanotti di famiglie più agiate, sicuramente avrebbero voluto farsi avanti, ma le sue condizioni economiche provocavano la resistenza dei genitori possidenti. Era il 1958. Seguirono due anni di fidanzamento a distanza: “Ci scrivevamo ogni settimana – dicono – una lettera partiva ed una arrivava”. Giuseppe prese una sua foto, la portò da un fotografo assieme a quella della fidanzata e si fece fare un fotomontaggio che li ritraeva assieme, vicini. I due anni servirono per preparare i documenti necessari per il matrimonio e per l’espatrio di Angela, ma servirono anche per raccogliere informazioni, l’un l’altro, tramite conoscenti. Il 18 aprile del 1960 Angela pronunciò il suo sì, raccolto dall’amico fidato di Giuseppe, il delegato: a lui era stata affidata la procura. Pochi giorni dopo, il 24 maggio, Angela, appena ventiquattrenne, partì da sola verso la terra sconosciuta dove l’attendeva lo sposo. Salpò da Messina con la nave “Australia”, sulla quale imbarcò due grossi bauli: “Avevo dentro tutta la dote –ricorda-la biancheria ed altri indumenti. In una scatola più piccola ricordo di aver portato anche dell’olio e perfino delle olive infornate”. E’ ancora vivo il ricordo dell’arrivo nel porto di Melbourne verso le nove di sera, lui l’aspettava avvolto in un cappotto per ripararsi dal primo freddo autunnale, con lui c’erano dei parenti che lanciavano cioccolato all’indirizzo della sposa in segno d’augurio. Seguì una vita di lavoro, di amore e di rispetto reciproco. Nacquero due figli, Nency e Domenico, che gli hanno dato cinque nipoti; anche loro sono venuti a festeggiare queste straordinarie nozze d’oro in Italia, a Samo, nella stessa chiesa dove Angela giurò amore eterno all’uomo conosciuto in fotografia.
A Samo quel giorno di aprile del 2010 fu festa grande, organizzata dall’Amministrazione comunale, con la banda ed una troupe di Rai International per riprendere l’evento, per raccontarlo ai tanti italiani emigrati all’estero.
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