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UN corpo carbonizzato è stato rinvenuto in Lombardia. Alcuni effetti personali fanno pensare che si possa trattare di Lea Garofalo, la testimone di giustizia calabrese che si pensava sciolta nell’acido dall’ex compagno. Ora si deve attendere l’esito del dna per avere la certezza.
SEI CONDANNATI PER IL DELITTO – Per la morte della giovane donna di Petilia Policastro il 30 marzo scorso, sono stati inflitti sei ergastoli ai presunti aguzzini, accogliendo in toto le richieste formulate dal pm Marcello Tatangelo, che non ha inteso contestare l’aggravante mafiosa. Regista dell’operazione conclusasi con la morte della 35enne da cui aveva avuto Denise viene considerato l’ex convivente della donna, Carlo Cosco, che voleva costrigerla a riferire cosa avesse dichiarato agli inquirenti su un omicidio avvenuto nel maggio ‘95 a Milano, quello di Antonio Comberiati, il cui autore sarebbe stato, secondo la Garofalo, proprio il suo ex compagno. Con lui sono stati condannati i suoi fratelli Giuseppe e Vito ma anche Carmine Venturino, l’ex di Denise, Rosario Curcio e Massimo Sabatino, l’unico non petilino (è originario della provincia di Salerno), già coinvolto, insieme a Carlo Cosco, nel tentato rapimento della donna avvenuto a Campobasso e risalente al maggio 2009. Sabatino, per il tentato rapimento, col rito abbreviato è stato condannato a sei anni nell’ottobre 2010.
IL PENTITO CHE RACCONTO’ DELL’ACIDO – Nelle motivazioni della sentenza, si legge tra l’altro: «Non è dato sapere dove Lea è stata portata, come non è possibile con certezza stabilire dove e quando Giuseppe e Sergio Cosco l’hanno uccisa. Pur tuttavia è possibile sostenere, sulla scorta di quanto confidato da Massimo Sabatino a Salvatore Sorrentino, in ordine ad un luogo a cui si arrivava dopo essere usciti alla terza o quarta della Mi-Meda, unitamente a tutti gli altri elementi di prova, che Lea è stata portata al magazzino di Gaetano Crivaro». Sabatino avrebbe confidato tutto al compagno di cella, Sorrentino. E secondo i giudici, «le confidenze di Sabatino sono estremamente precise nell’indicare nello stesso Sabatino, in Rosario Curcio e Carmine Venturino le persone che dovevano portare Lea a Giuseppe e Sergio Cosco». Altrettanto «pacifica», secondo i giudici, è la circostanza che tra le 21,50 e le 22,50 della sera del 24 novembre 2009 «Lea è stata consegnata viva ai fratelli Cosco, che poi le avevano sparato. Sorrentino è assolutamente certo di queste confidenze». Il progetto criminoso prevedeva che «Lea doveva essere trasportata viva sino al luogo individuato quale adatto a ucciderla e poi scioglierne il corpo nell’acido». Non venivano citate prove dell’effettivo utilizzo dell’acido, ma il magazzino del cutrese Crivaro, imputato di favoreggiamento in un distinto processo, già arrestato e poi scarcerato e, in fase d’indagine, avvalsosi della facoltà di non rispondere, «corrisponde ai dati descrittivi forniti da Sabatino a Sorrentino».
E’ sempre il teste Sorrentino il primo a parlare di scioglimento nell’acido indicandone anche il quantitativo: 50 litri. Un racconto «per mezzo delle dichiarazioni di Sabatino» che i giudici hanno ritenuto «logico e coerente». E’ al suo ex compagno di cella che Sabatino precisa che «dopo aver preso Lea le avevano messo dello scotch sulla bocca e l’avevano caricata su un furgone nel quale già si trovavano 50 litri di acido». Un racconto sulla scorta del quale si ricava che il presunto mandante, Carlo Cosco, ex convivente della vittima, «non aveva partecipato alla fase del trasporto di Lea». E’ stato un consulente del pm a fare un esperimento su un maialino del peso di 50 chili, per dissolvere il quale sono stati necessari tre giorni. E i dati dei tabulati «dimostrano la permanenza degli imputati nel magazzino di Crivaro per tre giorni».
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