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SERRA SAN BRUNO – Fumus di infiltrazioni mafiose. C’era già. L’arresto dell’ex assessore comunale Bruno Zaffino non fa altro che alimentarlo, inducendo il prefetto di Vibo Valentia Michele Di Bari, prima a sospendere l’amministratore e poi ad intervenire con risolutezza. Anche il Comune di Serra San Bruno, pertanto, fa i conti con l’istituzione della commissione d’accesso agli atti che s’insedierà nei prossimi giorni al palazzo municipale della città della Certosa.  

Gli elementi addotti dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria nell’ambito della maxioperazione denominata “Saggezza” – che ha visto Zaffino finire in carcere con l’accusa di violenza privata, aggravata dal metodo mafioso, in concorso con altri – si aggiungono ad altre emergenze investigative acquisite grazie al lavoro prodotto dagli uffici di polizia giudiziaria sul territorio. 

Zaffino ha denunciato di essere stato defenestrato per allontanare i sospetti di condizionamento mafioso sull’attività dell’amministrazione comunale in quanto il figlio ha sposato una parente dei Vallelunga, famiglia considerata egemone nella zona delle Serre, culla del potente «clan dei viperari». D’altronde, ha spiegato Zaffino agli stessi inquirenti, sarebbe stato spinto a candidarsi al Comune, nella lista del Popolo delle libertà. Egli stesso sarebbe stato determinato a disimpegnarsi ma il candidato a sindaco Bruno Rosi ed il consigliere regionale Nazzareno Salerno – a suo dire – l’avrebbero indotto a superare ogni remora. Si candidò, quindi, e prese ben 224 voti, risultando il terzo degli eletti.

Certo l’accesso antimafia non segue gli umori della politica, ma trova impulso in ben altre questioni sulle quali le forze di polizia erano già vigili ben prima che deflagrasse il caso Zaffino. A cominciare dagli appalti, dalla gestione dei servizi e da una situazione finanziaria finita progressivamente sull’orlo del baratro da un lustro a questa parte.

SULL’EDIZIONE CARTACEA IL SERVIZIO COMPLETO A FIRMA DI PIETRO COMITO

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