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REGGIO CALABRIA – Uscivano un sacco di soldi contanti dal conto corrente di Orsola Fallara. Troppi per gli investigatori. Al punto da non essere giustificabili per le spese correnti affrontate dalla dirigente dell’Ufficio Finanze del Comune di Reggio Calabria. La manager di Palazzo San Giorgio – che a dicembre del 2010 si è tolta la vita ingerendo acido muriatico – ritirava sistematicamente somme di denaro “importanti”. Dai primi accertamenti, già depositati nell’ambito del procedimento contro l’architetto Bruno Labate, si trova traccia di assegni cambiati, oppure di ritiro di contante allo sportello per quasi 150 mila euro. E parliamo di un periodo relativamente breve. Si trattava di prelievi da 10 o 15 mila euro per volta. Somme che venivano ritirate man mano che il conto si riempiva con gli stipendi o gli emolumenti che la dirigente si autoliquidava come rappresentante del Comune alla Commissione tributaria provinciale. Nel periodo di tempo attenzionato il conto della Fallara non ha mai superato i 60 – 70 mila euro. E dopo la sua morte gli investigatori hanno trovato somme pari a circa 40 mila euro. Insomma nulla di straordinario per una dirigente di quel livello. Ma di soldi in quei mesi ne sono entrati tanti, ed usciti praticamente altrettanti. Ed è questo che ha fatto suonare il campanello d’allarme degli inquirenti. Dove sono finiti i suoi soldi? Non è una domanda da poco assunto che in quei movimenti di denaro Labate non è assolutamente coinvolto. La sua è insomma un’altra storia. Lo stesso dicasi per i prestiti fatti all’imprenditore Costantino Trimboli puntualmente riscontrati dopo le sue stesse ammissioni. Prestiti comunque avvenuti attraverso assegni in cambio di regolari ricevute. Il problema è dunque altro. Orsola Fallara aveva un tenore di vita alto ma non eccessivo. Viaggiava certo, aveva una vita normalmente agiata, ma nulla che facesse pensare a spesse folli.
Tra l’altro qualsiasi spesa poteva essere fatta tranquillamente utilizzando la carta di credito, dunque perchè andarsene in giro con tutti quei soldi. E soprattutto come sono stati utilizzati? Una domanda che ha spinto i magistrati reggini ad andare oltre investendo la polizia giudiziaria della Guardia di Finanza di un’indagine più dettagliata. Con l’obiettivo di dare, se possibile, una risposta alla domanda che affiora dopo i primi accertamenti. E ipotizzabile che una volta acquisite le relative informazioni bancarie questa vengano incrociate con tutta una serie di altre informazioni (ad esempio i tabulati telefonici), ma questo è presto per dirlo. Una cosa è certa. Le indagini che la magistratura sta conducendo ormai da due anni non sono ancora chiuse e che l’inchiesta va avanti su più fronti. Questo a prescindere dai due processi già incardinati: Uno che riguarda, appunto le somme intascate (e già restituite) da Labate e il secondo relativo al processo in corso contro l’allora sindaco di Reggio Giuseppe Scopelliti e i tre revisori dei conti.
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