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ROMA – E’ legittimo il provvedimento con il quale nell’ottobre dello scorso anno è stata disposta la revoca del programma di protezione per Felice Ferrazzo, 57enne ex capo dell’omonimo clan di Mesoraca (Crotone) e da alcuni anni collaboratore di giustizia. Lo ha deciso la I sezione ter del Tribunale amministrativo del Lazio, alla quale Ferrazzo si era rivolto denunciando una serie di violazioni di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili.
Nel caso specifico, il Tar, dopo aver indicato che la revoca della protezione era stata decisa dopo il ritrovamento in un garage nella disponibilità di Ferrazzo (sottoposto a detenzione domiciliare) di armi, munizioni da guerra ed esplosivo, ha ritenuto che «la documentazione acquisita agli atti – in particolare, il decreto di giudizio immediato emesso dal gip di Campobasso in data 15 maggio 2012 – rivela che in virtù dell’acquisizione di fonti di prova da parte del giudice penale “la prova delle responsabilita”, tra gli altri, del ricorrente nella commissione dei reati contestati risulta “evidente”, di modo che le asserzioni del ricorrente in ordine alla propria estraneità ai fatti sono da ritenere vanificate».
Nessuno dei “vizi” enunciati nel ricorso, quindi, può inficiare il provvedimento di revoca della protezione, che, anzi, «tenuto conto della particolare gravità dell’illecito penale contestato al ricorrente», non può che far ritenere sussistenti i «presupposti di fatto sufficienti a sopportare la decisione adottata».
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