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MILLANTAVA, forse. O forse no. Vuol capirlo il pm di Catanzaro Pierpaolo Bruni, la cui inchiesta sui presunti intrecci tra clan e massoneria potrebbe a breve registrare sviluppi inaspettati. Interroga gente, il magistrato. Gente indagata, come Paolo Coraci, il presunto venerabile messinese, con affari a Roma, indicato dagli inquirenti come l’anello di congiunzione tra la cosca Tripodi di Vibo Marina, satellite del clan Mancuso di Limbadi, ed i salotti dell’alta borghesia, della politica e della finanza. E interroga pure gente non indagata, solo informata sui fatti, come Rosario Presti. 

 E’ un imprenditore, uno che sa lavorare, uno dalla faccia pulita. Per qualcuno solo uno strumento da usare. Di certo Presti non è sul libro nero della magistratura. E di certo Presti, per la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, era la persona dietro la quale Francesco Comerci – amministratore della Edil Sud, l’azienda dei Tripodi operativa a Roma, ma anche in Lombardia, Veneto e Piemonte – intendeva “nascondersi” per aggirare le normative antimafia e continuare a fare affari nel momento in cui si sentiva troppi occhi addosso. C’erano affari importanti, che la sospetta azienda riconducibile alla mafia vibonese non poteva perdere, affari in Roma e dintorni, che lo stesso presunto faccendiere sott’inchiesta per associazione ‘ndranghetista, intercettato a lungo prima delle elezioni regionali del Lazio, nel 2010, lasciava intendere fossero il frutto di un accordo con un politico che stava alla Regione. Non un politico qualunque, ma uno calabrese, che faceva l’assessore ai Lavori pubblici. Per gli inquirenti di Catanzaro è facile identificarlo: all’epoca della giunta regionale guidata da Piero Marrazzo, assessore ai Lavori pubblici era Vincenzo Maruccio, calabrese. Calabrese di Maierato, provincia di Vibo Valentia, la stessa provincia dei Tripodi. 

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