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CATANZARO – Tre anni e otto mesi di reclusione a testa a fronte dei 25 anni che il sostituto procuratore aveva chiesto il reato. Ma non solo. L’accusa di omicidio volontario aggravato si trasforma in morte come conseguenza di altro reato, in questo caso legato al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. È stata emessa nel pomeriggio di oggi la sentenza della Corte d’assise di Catanzaro (presidente Giuseppe Neri, a latere Domenico Commodaro) per Konstantinos Moyzakithe, e Ahmhtpios Sinetoz, i due scafisti di nazionalità greca, trentenni, accusati inizialmente di omicidio volontario e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, destinatari di un provvedimento di fermo eseguito nel corso di un’operazione congiunta di Polizia, carabinieri, Guardia di finanza e Capitaneria di Porto.
I due uomini furono tratti in arresto a poche ore di distanza dallo sbarco che il 21 luglio del 2010 quando sulle coste a cavallo tra i comuni di Botricello e Belcastro sbarcarono quattordici immigrati. Mentre un ventenne di origini pachistane fu rinvenuto cadavere nelle acque antistante il litorale. Per quei fatti il sostituto procuratore Paolo Petrolo aveva chiesto una condanna a 25 anni di reclusione. I difensori degli imputati, gli avvocati Enzo Ioppoli e Gregorio Viscomi, nella loro arringa, hanno sostenuto invece, la mancanza del dolo e la loro tesi è stata accolta dai giudici della Corte. «Siamo soddisfatti – ha detto Ioppoli al termine del processo – per l’accoglimento della tesi in cui abbiamo fortemente creduto e che risponde senz’altro a criteri di giustizia in quanto la morte dell’immigrato è stata una disgrazia e non un omicidio volontario».
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