2 minuti per la lettura
DA una parte le case famiglia, dall’altra i sorveglianti idraulici. I primi difendono il diritto dei bambini abbandonati ad avere un’assistenza, gli altri reclamano attenzione sui rischi di ciò che le prime piogge potrebbero causare in una Calabria che, affermano, ha trascurato il monitoraggio del territorio. Ed entrambi denunciano il fatto che dalla Regione non arrivano i soldi.
IL GRIDO DEGLI ORFANELLI – Erano una ventina i rappresentanti degli operatori delle case famiglie di Cosenza che si sono incontrati davanti a palazzo dei Bruzi. Sono stati accolti dall’assessore comunale al Bilancio, Luciano Vigna, e dall’assessore alla Coesione sociale, Alessandra De Rosa. Alla fine è arrivato anche il sindaco Occhiuto. I custodi dei bimbi abbandonati denunciano un arretrato di almeno tre anni, ma qualcuno addirittura non vede soldi dal 2007. Il tutto in una regione che paga le rette più basse d’Italia per l’assistenza ai minori.
Vigna ha dichiarato che Palazzo dei Bruzi ha ridotto gli arretrati da due anni a soli due mesi, ma gli operatori sociali gli hanno dato appuntamento a lunedi prossimo per verificare “carte in mano” come è effettivamente la situazione. «Resta il fatto, però – ha precisato l’assessore cosentino – che il Comune ha ricevuto solo una parte dei contributi della Regione». Dichiarazione che ha suscitato l’intervento della garante dell’infanzia e dell’adolescenza della Regione Calabria, Marilina Intrieri: «La Regione Calabria con appositi decreti ha provveduto da tempo a trasferire al comune di Cosenza e agli altri comuni di residenza delle strutture che ospitano i minori in provincia di Cosenza le annualità 2010/2011 e secondo acconto 2012».
L’ALLARME AMBIENTALE – Alla Regione fanno riferimento anche i 300 sorveglianti idraulici che sono in stato d’agitazione in tutta la Calabria. A Cosenza hanno occupato la sede Afor, a Reggio si preparano a presidiare il Consiglio regionale di domani. Denunciano il fatto che il servizio di controllo dei corsi d’acqua, istituito per legge dopo le tragedie di Sarno e di Soverato, in tutta Italia avviene con una reperibilità per 24 ore al giorno, mentre in Calabria è previsto part time. E, aggiungono, non da luglio non viene nemmeno pagato: «Non riceviamo stipendi e siamo pure costretti ad anticipare le spese di viaggio per andare a compiere le ispezioni» dichiarano esasperati. Chiedono che il loro lavoro venga preso sul serio: «Noi monitoriamo il terreno, sappiamo chi scarica sostanze in acqua e chi invece si allaccia abusivamente. Nessuno, però, attinge alle nostre informazioni, anche perché i nostri verbali vengono ancora archiviati in forma cartacea».
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA