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CATANZARO – «La nomina di Alessandro Sarlo alla guida del neo Dipartimento Controlli? Un atto collegiale!». L’assessore al Personale della Regione Calabria, Mimmo Tallini, non ci aveva pensato su due volte. Al magistrato che lo aveva chiamato a difendersi dall’accusa di abuso d’ufficio in concorso con la dirigente dell’assessorato al ramo Rosalia Marasco lo aveva spiegato chiaramente come maturano certe decisioni in giunta regionale. E lui, il sostituto procuratore, Gerardo Dominijanni, quelle parole non se le era fatte scivolare addosso. Ne aveva fatto “tesoro”. Aveva proceduto come un treno nell’inchiesta e, neanche un mese dopo, aveva chiamato “a rapporto” il Governatore, Giuseppe Scopelliti, in persona.
Ora ha iscritto nel registro degli indagati tutti gli assessori che, in maniera collegiale, avevano detto sì alla nomina esterna “incriminata”. «Ci è sembrato più opportuno rivolgerci all’esterno dovendo nominare un dirigente che si occupasse di controllare altri dirigenti», si era in ogni caso affrettato a spiegare lo stesso Tallini in Procura. E stessa motivazione era stata addotta dal presidente Scopelliiti.Un pasticcio tutto calabrese, che viaggia parallelamente all’inchiesta di Milano, che ha portato in carcere il marito della Sarlo, il giudice Vincenzo Giglio, per gravi reati di mafia.
Per la nomina della dirigente, invece, l’ipotesi di reato è di abuso d’ufficio in concorso legato all’incarico di dirigente generale del Dipartimento controlli, creato dalla Giunta regionale solo lo scorso anno su proposta dell’assessore Tallini e affidato ad Alessandra Sarlo che però era già sotto inchiesta per una sua precedente nomina.
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