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CATANZARO – La guardia di finanza ha condotto un’operazione in varie regioni per l’esecuzione di 43 fermi ed il sequestro di beni per 50 milioni di euro nei confronti di presunti affiliati a cosche della ‘ndrangheta coinvolti in un traffico internazionale di droga. L’operazione giunge a conclusione di due distinte inchieste coordinate dalla Dda e condotte dal Nucleo di polizia tributaria di Catanzaro e dallo Scico nella zona di Lamezia Terme e di Cirò Marina (Crotone). I provvedimenti di fermo, emessi dal pm della Dda catanzarese Vincenzo Luberto, sono in corso di esecuzione, oltre che in Calabria, anche in Lombardia, Lazio, Toscana e Campania. Le due organizzazioni colpite dall’operazione della Guardia di finanza sono distinte tra loro ma con alcuni elementi in comune. I finanzieri, indagando su un gruppo, hanno scoperto l’esistenza dell’altro ed hanno proseguito due indagini distinte che si sono riunificate oggi nella fase dell’esecuzione dei provvedimenti restrittivi.
LE INDAGINI. La ‘ndrangheta al centro di un vorticoso giro di affari. Capace di dialogare e fare affari con altre mafie italiane, ma anche con i narcos di mezzo mondo. La droga partiva dal napoletano per finire in diverse regioni italiane, con un ruolo di mediazione e di commercializzazione gestito dalla ‘ndrangheta. Diversi chilogrammi di cocaina, ma anche droghe sintetiche, finite con alimentare, in particolare, i mercati di Toscana. Calabria e Lazio. A ricostruire tutto il meccanismo è stata la guardia di finanza di Catanzaro, in collaborazione con lo Scico e con i comandi provinciali interessati. Sono 43 le persone raggiunte da un provvedimento di fermo, tutti componenti di due distinte organizzazioni criminali che gestivano il traffico e che sono riconducibili alle cosche del territorio di Lamezia Terme, nel catanzarese, ed a quelle di Cirò Marina, in provincia di Crotone. I particolari dell’operazione sono stati resi noti nel corso di una conferenza stampa che si è svolta a Catanzaro, nella sede del Comando provinciale delle Fiamme gialle, dove non sono stati resi noti i nomi delle persone raggiunte dal provvedimento di fermo. Le cosche calabresi sarebbero state, secondo i due filoni investigativi uniti al momento della notifica dei provvedimenti, al centro di una fitta rete con interessi anche a Milano, Napoli, Firenze, Reggio Calabria e Crotone.
IL PRIMO FILONE. La prima indagine è stata denominata “White Beach”, dal nome del lido balneare dove erano soliti incontrarsi gli indagati. Le indagini sono partite dopo l’arresto di Vincenzo Giuseppe Pignola, bloccato nel 2009 dalla guardia di finanza di Rossano (Cosenza) con 3 chilogrammi di cocaina. Lo stupefacente era stato acquistato, secondo l’inchiesta coordinata dalla Dda di Catanzaro, a Giugliano, in provincia di Napoli, e doveva essere trasportato a Cirò, dove lo attendeva la cosca locale che aveva messo in piedi tre canali si smercio anche fuori dalla regione.
LA SECONDA INCHIESTA. Partendo dall’organizzazione di Cirò, il Comando provinciale di Catanzaro è risalito ad una seconda organizzazione attiva nel territorio di Lamezia Terme e a Roma, con proiezioni anche internazionali. Da qui la seconda indagine denominata “Miseria e nobiltà”, anche in questo caso dal nome del locale pubblico frequentato dalla banda. Nel corso delle attività, le Fiamme gialle sono riuscite a sequestrare diversi quantitativi di droga, ricostruendo anche l’attività di spaccio nel quartiere di Tor Bella Monica, a Roma, gestito da un cittadino albanese.
LE DROGHE SINTETICHE. Nella rete della guardia di finanza, quindi, è finito anche un ulteriore filone che ha permesso di individuare un traffico internazionale di sostanze sintetiche, gestito da un cittadino di Lamezia Terme residente a Roma, con corrieri spagnoli e passaggi dello stupefacente tra Iran, Australia e altri Paesi europei. Così, in diversi aeroporti europei, sono state sequestrate droghe sintetiche a conferma delle indagini in corso.
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