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REGGIO CALABRIA – L’ex numero due della Dna, Alberto Cisterna, va prosciolto dall’accusa di corruzione in atti giudiziari. La richiesta di archiviazione è stata depositata il 12 settembre scorso dal pm della Dda di Reggio Beatrice Ronchi. In circa 500 pagine è stata ricostruita l’intera vicenda dopo quasi un anno e mezzo di lavoro da parte degli inquirenti, supportato da una indagine patrimoniale svolta dagli uomini della guardia di finanza. Ma per il magistrato restano in piedi altre ipotesi di reato su cui sta lavorando la Procura di Reggio Calabria. 

Una faccenda delicata e con troppe ombre. Cisterna era stato tirato in ballo del pentito Antonino Lo Giudice, colui che si è autoaccusato delle bombe ai magistrati reggini, che all’allora procuratore di Reggio, Giuseppe Pignatone, e al pm Ronchi aveva rivelato un presunto interessamento della toga per la scarcerazione del fratello Maurizio, anche lui collaboratore di giustizia, in cambio di un regalo, probabilmente una imprecisata somma di danaro. Ad avere rapporti con Cisterna era Luciano, altro fratello di casa Lo Giudice, ritenuto dagli investigatori il volto impreditoriale della cosca. Da qui l’iscrizione nel registro degli indagati per corruzione in atti giudiziari da parte della procura di Reggio Calabria. Il 17 giugno del 2011 Cisterna viene sentito a Roma nel suo ufficio della Dna, in via Giulia, da Pignatone e Ronchi. Il magistrato ha sempre respinto tutte le accuse, spiegando che i rapporti erano esclusivamente legati alla disponibilità di Luciano a fornire informazioni utili alla cattura dell’ex latitante Pasquale Condello, alias “Il supremo”, e che si era interessato alle condizioni di salute del figlio di Luciano. Una questione di umanità, niente di più. Fatto sta che l’iscrizione del vice di Grasso nel registro degli indagati innescò un duro scontro all’interno dell’apparato giustizia. Tra ricorsi e controricorsi, conflitti di competenze e pronunce degli organismi giudiziari arriva il trasferimento di Cisterna a Tivoli. Dopo una lunga battaglia il 31 luglio viene depositata la decisione della prima sezione del Tar del Lazio che rigetta i ricorsi di Cisterna. Era l’ennesima puntata della vicenda. A inizio giugno, infatti, il collegio del Tar del Lazio aveva clamorosamente smentito il suo presidente. Aveva annullato la decisione con la quale a sua volta era stato sospeso il trasferimento di Cisterna. Il 23 maggio era arrivata la notizia secondo cui Cisterna, sarebbe restato al suo posto. 

Il Tar del Lazio aveva infatti sospeso il trasferimento al tribunale di Tivoli del numero due della Dna, disposto il 17 maggio precedente dal Csm a causa delle presunte sue frequentazioni con persone legate alla ’ndrangheta. La decisione era stata assunta con un decreto monocratico, dal presidente del Tribunale amministrativo, Calogero Piscitello (la sospensione sarebbe durata almeno fino al 20 giugno), che aveva chiesto al Csm di riesaminare la posizione del vice del procuratore nazionale. Alla fine Cisterna è stato trasferito a Tivoli con funzioni di giudice e si è insediato alla sede giudiziaria laziale nei primi giorni di agosto, anche se soltanto domani prenderà effettivamente possesso del suo nuovo incarico. Se l’accusa più pesante, quella di corruzione in atti giudiziari, si avvia verso l’archiviazione la vicenda non può dirsi del tutto chiusa. Il caso resta ancora aperto per altri ipotesi di reato su cui sta lavorando la Procura dello Stretto. 

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