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REGGIO CALABRIA – Un magistrato caratterizzato dall’«ossessione per il sesso, per lo più a pagamento», tanto da tenere per tre anni un diario sugli incontri con le prostitute organizzati dal boss. Un magistrato «professionalmente dedito al malaffare», alla «spasmodica ricerca di occasioni di guadagno» per mantenere «un tenore di vita sicuramente elevato». 

È il quadro tracciato del magistrato Giancarlo Giusti, in servizio prima a Reggio Calabria e poi a Palmi, da gip di Milano Giuseppe Gennari nell’ordinanza di arresto per corruzione aggravata dalla finalità mafiosa nell’ambito dell’inchiesta della Dda di Milano sul clan Valle-Lampada. Secondo la procura lombarda, il 45enne si sarebbe fatto corrompere dal boss Giulio Lampada con escort, soggiorni di lusso, biglietti aerei e la partecipazione come socio occulto in una società immobiliare in cambio della nomina di periti amici nei procedimenti di interesse del clan, o comunque di un suo interessamento nelle loro cause e in particolare in quella intentata dalla moglie di Lampada contro una compagnia svizzera. Ma il fatto inquietante emerso successivamente agli arresti del 30 novembre del 2011 è che Giusti avrebbe potuto essere fermato prima ancora di conoscere il boss. Nel 2005 era stato segnalato dal tribunale di Reggio Calabria al Csm perché aveva assegnato immobili pignorati a una società del suocero. Ne era nato un procedimento disciplinare in cui un perito, già beneficiato da Giusti di incarichi per 300mila euro, aveva testimoniato sulla sua inconsapevolezza. Il Csm lo aveva assolto il 6 luglio 2007.

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