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REGGIO CALABRIA – Per ora la Procura della Repubblica li ha solo identificati, Ha raccolto le generalità e li ha invitati a trovarsi un difensore di fiducia. Al momento nessun capo di imputazione specifico è stato formulato, almeno formalmente ci sono solo vaghe ipotesi di reato. Arriveranno dopo le accuse specifiche, evidentemente. Ma al momento i magistrati della città dello Stretto hanno svolto soltanto gli atti propedeutici, affidando l’incarico alla polizia giudiziaria dei carabinieri. Nell’elenco delle persone da identificare, di fatto si tratta di avvisi di garanzia, ci sono dirigenti, o ex dirigenti, e funzionari del Comune di Reggio Calabria. Affiorano nomi importanti, al pari con l’inchiesta a cui sono legati. 

Si tratta infatti dello stralcio dell’indagine sul “Caso Fallara”, e in particolare del filone che riguarda le indebite percezioni dei premi che sarebbero stati liquidati ai dipendenti di Palazzo San Giorgio. Quattordici persone in tutto. Oltre a Franco Zoccali – all’epoca Capo di gabinetto prima e City manager poi, attuale Direttore generale della Regione Calabria – compaiono i nomi Marcello Cammera, dirigente dei Lavori pubblici del Comune, Pasquale Crucitti (anch’esso dirigente ai Lavori pubblici), Bruno Fortugno, Domenico Macrì, Giuseppe Granata, Domenico Basile, Domenico Gangemi, Fedore Squillaci, Vincenzo Cuzzola, Giancarlo Cutrupi, Orazio Palamara, Egidio Surace e Saverio Putortì, che a suo tempo era alla giuda dell’Ufficio Urbanistica reggino ed oggi è dirigente dell’assessorato regionale all’Urbanistica. Un insieme di nomi che ovviamente vengono indicati con responsabilità molto diverse tra di loro e che, secondo il pm Sara Ombra – titolare del fascicolo – si trovano in posizione anche molto differenti. Il cuore dell’indagine riguarda i rilievi fatti dagli ispettori del Ministero delle Finanze, venuti a indagare sul buco di Bilancio al Comune di Reggio.

 In particolare le contestazioni riguarderebbero i premi che i dirigenti si sarebbero assegnati. E’ la storia del famoso 2%. Una vicenda sul filo della norma insomma. Nel dettaglio, quando alcuni uffici comunali si occupano di svolgere al proprio interno alcune progettazioni o altro tipo di operazioni simili, visto il risparmio (per avere evitato di dare incarichi all’esterno) lo Stato riconosce a chi ha operato il 2% del valore dell’opera. Una sorta di premialità per aver lavorato in prima persona. Il problema rilevato dagli ispettori ministeriali in questo senso ha riguardato alcune anomalie che vanno dall’errore di calcolo nella percentuale al fatto che alcuni “premi” non potevano essere liquidati a persone che nella realtà nulla hanno fatto per meritarselo. La differenza tra le varie posizioni è presto detta. Intanto gli episodi sono diversi. Non tutti le 14 persone identificate hanno partecipato a tutti i progetti e non tutti hanno ricevuto lo stesso compenso. Si tratta insomma di distinguere tra chi ha incassato poche migliaia di euro nell’arco di alcuni anni e chi di euro a casa se ne è portati a centinaia di migliaia. Insomma, è una Babele tutta da definire e valutare caso per caso, incarico per incarico e posizione per posizione. Per ora tutti dentro l’inchiesta, poi si vedrà. 

A questo punto è ipotizzabile che la Procura stia già lavorando alla chiusura delle indagini e che nell’arco di poco tempo (si potrebbe trattare di poche settimane o di alcuni mesi) vengano notificata la conclusione dell’inchiesta, con la contestazione dei singoli reati. Per ora di certo c’è che si tratterebbe di una parte del denaro che avrebbe contribuito al buco di bilancio dell’amministrazione comunale. Una voragine stimata dagli ispettori ministeriali in 170 milioni di euro, “in via prudenziale”. Soldi spesi mali o, in alcuni casi, illegalmente finiti nelle tasche di professionisti e tecnici, su cui la Procura ha già ottenuto dei provvedimenti importanti, come il rinvio a giudizio e quindi il processo per l’allora sindaco Giuseppe Scopelliti e i revisori dei conti di Palazzo San Giorgio. 

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