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GIOIA TAURO – I militari della Guardia di finanza di Reggio Calabria hanno denunciato tre persone per truffa ai danni di ente pubblico ed utilizzo ed emissione di fatture false. Le indagini, coordinate dal Procuratore della Repubblica di Palmi, Giuseppe Creazzo, e dal sostituto Sandro Dolce, hanno consentito di accertare che la società Comeca di Gioia Tauro, attraverso fatture e documenti falsi, ha ottenuto indebitamente un finanziamento pubblico per l’ampliamento della struttura produttiva già preesistente nella zona industriale del porto di Gioia Tauro. Due dei tre denunciati erano già destinatari di misura cautelare del divieto temporaneo di esercitare l’attività d’impresa. Le fatture false riguardavano operazioni inesistenti nei confronti della Comeca. È questo l’esito della complessa indagine condotta dai Finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Reggio Calabria. L’attività investigativa avrebbe consentito di accertare una condotta truffaldina posta in essere dal rappresentante legale della società menzionata, Angelo Maria Sorrenti, in concorso con altri due rappresentanti legali di altre società, Giovanni Polimeni e Daniele Ghidini, che avrebbe emesso fatture per operazioni in tutto o in parte inesistenti nei confronti della Co.me.ca.. In tal modo, secondo le accuse, la Comeca ha potuto documentare costi, in tutto o in parte fittizi e percepire indebitamente la somma di 1.736,290 euro. Si tratta di una parte del contributo pubblico di 3.472.580 euro erogato in base alla Legge 488/1992, per l’ampliamento di una unità produttiva già preesistente all’interno della zona industriale del porto di Gioia Tauro (RC). In particolare, i costi inseriti nel progetto da parte della Co.me.ca., non sarebbero stati sostenuti ovvero sono stati sostenuti in misura notevolmente inferiore o in tempi diversi rispetto al progetto finanziato, e sarebbe ro state documentate con fatture false emesse da soggetti compiacenti volte, oltre che a consentire alla società l’evasione delle imposte sui redditi e dell’IVA, a permetterle di percepire denaro pubblico e legittimare le richieste per le successive tranches del finanziamento. Gli indagati, inoltre, avrebbero fatto ricorso anche ad operazioni bancarie di facciata, funzionali cioè solo a dimostrare i versamenti in conto aumento capitale sociale. Tale requisito – si fa rilevare negli ambienti investigativi – è previsto dalla normativa come condizione necessaria per beneficiare dell’agevolazione finanziaria che deve avere come destinatario un’impresa solida, in grado di investire capitali propri nel progetto per il quale viene chiesto il finanziamento pubblico.
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