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COSENZA –  «Se il boss vuole evitare il carcere e il regime duro del 41 bis ci sono due strade che possono essere intraprese una è quella della collaborazione l’altra è sanitaria. Quest’ultima in particolare è stata seguita dagli esponenti della cosca Forastefano». A dirlo è stato il procuratore di Catanzaro Vincenzo Antonio Lombardo, illustrando ai giornalisti i particolari dell’operazione “Villa Verde”.   «Dall’indagine – ha sostenuto il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli – emerge uno spaccato di complicità tra professionisti ed esponenti di primordine delle organizzazioni criminalità per ottenere benefici. Si tratta di un circuito di relazioni tra professionisti e boss. Si evince inoltre la mancanza di consapevolezza del disvalore delle condotte realizzate dai professionisti. In un caso è stato contestato il reato di corruzione, si tratta di poche migliaia di euro percepite per favorire gli esponenti delle cosche».   

Di risultato importante ha parlato anche il comandante provinciale dei carabinieri di Cosenza, colonnello Francesco Ferace, per il quale l’inchiesta «ha contribuito a dare plastica evidenza della linea di demarcazione che non andrebbe mai superata. La lotta alla criminalità organizzata non è una questione che interessa solo ed esclusivamente la magistratura e le forze dell’ordine, ma l’intera società civile che deve ribellarsi ai tentativi delle organizzazioni di infiltrarsi. E’ doveroso da parte della società civile bloccare gli accessi che la criminalità organizzata tenta».

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