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COSENZA – Ci sono anche un medico legale e le moglie di due esponenti di spicco della ‘ndrangheta dell’alto Jonio Cosentino tra le persone arrestate stamani dai carabinieri del Ros e del comando provinciale di Cosenza nell’ambito dell’operazione «Villa Verde». Il provvedimento è stato notificato a Caterina Rizzo, di 43 annI, moglie di Antonio Forastefano, già capo dell’omonima cosca e attuale collaboratore di giustizia, Patrizia Sibarelli (30), moglie di Pasquale Forastefano, esponente di rilievo dell’omonima cosca.
I medici coinvolti sono Gabriele Quattrone (63 anni), neuropsichiatra, primario di neurologia del policlinico “Madonna della Consolazione” di Reggio Calabria, Massimiliano Cardamone (37 anni), medico legale, Franco Antonio Ruffolo (58 anni), psicologo in servizio nella clinica Villa Verde di Donnici Inferiore, e Luigi Arturo Ambrosio (75), posto ai domiciliari, direttore sanitario della stessa clinica privata.
LE ACCUSE – Secondo l’accusa, in una circostanza, Quattrone, incaricato dalla Corte di Appello di Catanzaro di verificare le condizioni di Forastefano, ha ricevuto una somma di denaro da Caterina Rizzo tramite Ambrosio, consulente della difesa, per redigere un elaborato favorevole all’imputato. In un’altra circostanza, Ambrosio e Ruffolo, consulenti della difesa di Antonio Forastefano, avrebbero attestato falsamente che l’imputato era affetto da patologie psichiatriche tali da renderlo incompatibile con il carcere. Per loro c’è anche l’aggravante di avere un ruolo di pubblici ufficiali perché in servizio rispettivamente come medico e psicologo in una clinica convenzionata con il sistema sanitario nazionale.
Negli atti d’accusa c’è poi un tentativo di corruzione attuato da Patrizia Sibarelli, che ha offerto una somma di denaro, non accettata, al perito incaricato di verificare le condizioni di salute del marito.
Per Cardamone, invece, le accuse sono relative a perizie sul boss crotonese Nicola Arena. Nominato perito dal Tribunale di sorveglianza di Catanzaro per verificare le condizioni di salute capo storico dell’omonima cosca di Isola Capo Rizzuto, avrebbe redatto una perizia che portò alla concessione degli arresti domiciliari, omettendo di comunicare al Tribunale l’esistenza di una grave causa di incompatibilità per la quale avrebbe avuto l’obbligo di astenersi e dichiarando falsamente che le condizioni di salute di Arena erano incompatibili con la detenzione.
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