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«L’operazione ‘Reale 5’ con cui è stata scoperta e disarticolata l’intera organizzazione a disposizione del deceduto patriarca della ‘ndrangheta di San Luca Antonio Pelle ‘Gambazza’ è da iscrivere totalmente alla sagacia dei carabinieri del comando provinciale, coordinati dal neogenerale Pasquale Angelosanto, del reparto ‘Cacciatori’ e del Ros, all’epoca diretto dal ten. col. Valerio Guardina». Lo ha detto il procuratore aggiunto della Dda di Reggio Nicola Gratteri, illustrando i dettagli dell’operazione insieme al procuratore facente funzioni Ottavio Sferlazza. «Un’efficace e puntuale controllo del territorio – ha aggiunto – culminato con una perquisizione nell’abitazione dei Pelle in contrada ‘Ricciolio’, nella zona ionica di Reggio Calabria, durata oltre tre giorni durante i quali furono scoperti tre bunker ricavati in giardino e sotto i pavimenti, in uno dei quali si trovava una statua della Madonna della Montagna di Polsi, adibito a locale per iniziare i nuovi picciotti. In quell’occasione Giuseppe Pelle riuscì a farla franca, ma attraverso le intercettazioni a carico della moglie e di una delle figlie, che parlavano di una certa Ines, i carabinieri, spulciando i dati anagrafici di comuni vicini a San Luca, riuscirono a risalire a Ines Cuscunà nella cui abitazione il ‘crimine’ della ‘ndrangheta calabrese aveva trovato rifugio».   Gratteri ha anche parlato dei contrasti sorti all’interno della ‘ndrangheta per il conferimento della carica di “crimine” di tutta l’organizzazione, dopo la morte di Antonio Pelle. «Ci fu una discussione tesa – ha spiegato – tra le cosche di Gioia Tauro e di San Luca, in occasione del matrimonio di una nipote di Pelle. Si mediò sul nome di Domenico ‘Mico’ Oppedisano, l’anziano venditore di piantine di Rosarno, il cui spessore criminale non poteva certo consentirgli la decisione finale di ogni controversia, come invece avveniva con Antonio Pelle». Tra i destinatari del provvedimento di custodia cautelare in carcere anche Antonio Pelle, di 26 anni, studente universitario fuoricorso alla facoltà di Architettura dell’Università Mediterranea di Reggio, definito da Sferlazza «enfant prodige per avere superato in soli 41 giorni ben nove esami grazie alla compiacenza di alcuni docenti. Materie d’esame di cui non conosceva neppure il titolo del corso, come testimoniato alcune intercettazioni telefoniche. Non solo, lo stesso giovane Pelle, dimostrava spesso arroganza di comportamenti, forzando più di una volta con la propria autovettura il divieto di parcheggiare nel cortile interno della facoltà ed interloquendo in maniera minacciosa con quei docenti che si dimostravano corretti nei confronti degli studenti, compresi gli amici di Pelle, che non dimostravano di essere preparati e quindi venivano bocciati».

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