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CATANZARO – Si può trasformare una nuvola di polvere da far paura in un’idea per il futuro? Si può pensare che dal rumore assordante delle ruspe, dall’aria impastata di un cantiere allestito per la demolizione dell’ex-cementificio di Sala possa nascere un progetto di archeologia industriale che s’innesti nel tessuto urbano arricchendolo? Maria Adele Teti, professore ordinario di urbanistica all’Università degli Studi di Reggio Calabria e presidente della Sezione di Catanzaro di Italia Nostra è tra i firmatari dell’appello sul futuro cementificio di Sala.
Lei, l’architetto catanzarese autrice di numerose battaglie ha le idee chiarissime: demolizioni parziali, bonifica e recupero, riconversione in Parco urbano a servizio della città. Anche perché la struttura è tra i pochissimi esempi di archeologia industriale del capoluogo calabrese. Dunque, memoria e futuro. Architetto qual è la posizione di Italia nostra?
«La nostra posizione è chiara: non siamo contro la riqualificazione dell’area anche quando questa può significare demolizioni parziali. Ecco perchè una decina di giorni fa, in qualità di presidente di Italia Nostra, ho mandato una lettera alla Soprintendenza per sollecitare una verifica sulla compatibilità delle demolizioni previste. Abbiamo già ricevuto una risposta con l’impegno di una verifica sullo stato dell’arte dei lavori».
C’è anche il problema di non poco conto della presenza di amianto?
«E’ vero, c’è anche questo problema che non va sottovalutato perchè ci troviamo di fronte ad un’industria inquinante, ragion per cui l’area va preventivamente bonificate».
Da urbanista quale lei è, cos’è che non la convince al momento?
«Trovo alquanto insolito che si proceda alla demolizione dell’area senza che ci sia un progetto sul futuro discusso dalla cittadinanza».
E da architetto, quale futuro immaginerebbe per l’area una volta bonificata e dunque recuperata?
«Intanto salverei alcuni manufatti come memoria storica di un pezzo di archeologia industriale della città, quindi ne farei un parco urbano attrezzato da destinare ad eventi culturali o a servizio dell’ Università o della Regione».
Parco urbano, dunque?
«Direi di si. Del resto, in Italia sono moltissime le aree dismesse e oggi sono un problema nazionale causato dalla dismissione enorme di industrie avvenuta in questi ultimi anni».
E a Catanzaro?
«Catanzaro non ha un passato industriale il Cementificio – con l’ex Gaslini a Lido dove ora c’è il liceo scientifico – è l’unica area dismessa. Un’area vasta con alle spalle anche un parco ferroviario che tra l’altro si trova in una delle zone più tormentate della città. Una zona dove è stata realizzata la stazione di Sala per la funicolare, il parco Romani e il cavalcavia. Come dire scelte che hanno dimostrato solo un interesse speculativo verso quell’area. Ecco perchè dico che riconvertire l’area del cementificio in parco urbano è un’occasione che non può essere perduta».
Un’idea condivisa con i firmatari dell’appello?
«Un’idea fortemente sostenuta da Italia Nostra come dalla costituenda associazione culturale nata per aggregare professionalità diverse che vogliono discutere della città ma non solo e che vadano oltre le appartenenze politiche».
Lasciamo il cementificio e veniamo ad una delle questioni più spinose degli ultimi tempi: il centro storico stretto nella morsa di una sorta di declino che pare inesorabile. Qual è la sua idea?
«Il centro storico è in uno stato di degrado assoluto che dev’esse sanato ed è lo specchio della mancata pianificazione della città. Il problema è ancora più grave se si considera che non esiste un sostituto del centro storico; benchè siano sorti centri commerciali di tutti i tipi, questi non riusciranno mai a sostituire il centro vitale e pulsante della città. Un capoluogo che si è sviluppato seguendo gli interessi dei vari potentati locali che, però, dimostrano di avere idee molto ristrette sul concetto di città e di sviluppo economico».
In che senso?
«Se si fosse progettata una città moderna e contemporanea, ad esempio, sicuramente il valore dei suoli e degli immobili e gli affari che si sarebbero potuti realizzare sarebbero stati enormemente superiori, senza devastare il territorio».
Il ruolo di Lido?
«Lido – che oggi potrebbe essere più centrale rispetto alle localizzazioni terziarie di Regione e Università a Germaneto – è stata mortificata da uno sviluppo caotico e disordinato che ha poco sfruttato la valenza turistica del quartiere marinaro. Aggiungo che l’appalto-concorso su Giovino in corso di espletamento non ci tranquilizza sugli sviluppi futuri dell’area che avrebbe meritato un concorso internazionale con la partecipazione di architetti di rilevanza mondiale e personalità della cultura urbanistica».
In centro chiudono tre cinema storici – Comunale, Supercinema e Masciari – c’è chi propone una multisala a piazzetta Serravalle rispolverando un progetto degli anni Novanta di Massimiliano Fuksas, lei cosa ne pensa?
«Io credo che bisogna recuperare quello che c’è a cominciare dal Masciari ma non solo. Oggi è l’era del recupero e non della distruzione. Non trovo giusto che i residenti del centro non abbiamo più un cinema dove poter andare».
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