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REGGIO CALABRIA – E’ stato cementato dai carabinieri il bunker sotterraneo in cui il 9 agosto del 2011 fu catturato il latitante di ‘ndrangheta Francesco Pesce, di 33 anni, capo dell’omonima cosca e figlio del boss Salvatore. Il bunker era stato realizzato nel capannone di un’azienda agricola di Rosarno. La cementificazione del bunker è stata disposta dalla Dda di Reggio Calabria. Negli ultimi due anni sono stati sei i bunker realizzati dalla cosca Pesce che sono stati sequestrati.
Francesco Pesce, in particolare, non si faceva mancare proprio nulla nel suo rifugio. Era nella sua Rosarno e alla necessità poteva uscire quando e come voleva. Bastava premere il pulsante di un telecomando per aprire una botola e uscire. attraverso una scaletta in legno dal rifugio. Quaranta metri quadrati in tutto, diviso in quattro ambienti: cucina, soggiorno, camera da letto e bagno. Un mini appartamentino dotato di tutti i comfort: aria condizionata, due tv lcd con parabola e internet il tutto controllato da un impianto di ben 16 telecamere a circuito chiuso con attivazione ad infrarossi.
Nella camera da letto un materasso, altre suppellettili compresa una sedia pieghevole con numerose copie del nostro giornale. Leggeva e tanto Ciccio Pesce, si teneva informato di quando accadeva nel suo territorio e anche fuori, leggeva ed usava internet. All’interno del bunker è stato infatti trovato anche un modem.
La cucina anch’essa piccola e con frigo aveva una dispensa nutrita che conteneva, a parte i generi alimentari di prima necessità, anche vini pregiati, champagne, salumi e formaggi calabresi. Nel soggiorno un piccolo divano, altre sedie ed un tavolo. Era qui che Ciccio Pesce teneva i suoi documenti. Carte “interessanti” dicono gli inquirenti che il latitante, quando ha capito che stava per essere catturato ha cercato di bruciare.
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