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BERGAMO – Per sei ore ha avuto un fucile a pompa puntato addosso. Ora mentre ripensa a quello che è successo, Carmine Mormandi, 56 anni, calabrese di Trebisacce ma abitante a Covo, da 33 anni dipendente dell’Agenzia delle Entrate, è ancora visibilmente scosso. Ieri l’uomo è rimasto per tutto il pomeriggio ostaggio di Luigi Martinelli, l’imprenditore che si dice rovinato dalle cartelle esattoriali e che ha assaltato la sede di Romano di Lombardia dell’Agenzia delle Entrate. «Non so perché se l’è presa con me – racconta Mormandi – diceva ‘tu non mi piaci, mi sei antipatico’. Io poi forse ho sottovalutato il pericolo, perché all’inizio pensavo si trattasse di un fucile giocattolo. Poi, quando ha sparato contro il soffitto, mi sono reso conto del pericolo che correvo». Nel corso delle trattative avviate dal brigadiere dei carabinieri Roberto Lorini, gli altri impiegati sono usciti e Mormandi è rimasto solo con il sequestratore.

«Ho avuto quel fucile puntato addosso per tutto il tempo. Io mi spostavo e il fucile mi seguiva. A questo punto ho davvero avuto paura che in un eccesso d’ira mi sparasse. Ho pregato tanto. Poi, quando sono cominciati ad arrivare gli sms di amici e parenti che seguivano la vicenda in televisione, lui mi ha lasciato rispondere». Il ruolo del brigadiere è stato cruciale nella risoluzione della vicenda: «E’ stato bravissimo, sempre freddo, io ho cercato di prendere esempio da lui». Alle 21 il sequestro è terminato. «Quando sono uscito sono scoppiato in lacrime e ho pensato che le mie preghiere erano state accolte. Prima che il sequestratore venisse ammanettato gli ho stretto la mano. Penso che sia un brav’uomo, sopraffatto da un momento di disperazione».

 

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