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REGGIO CALABRIA – Troppi ritardi nell’erogazione dei fondi della Protezione Civile per l’accoglienza dei rifugiati: la Rete dei Comuni solidali, che rappresenta 300 Comuni in tutta Italia, in una lettera al ministro per la Cooperazione e l’Integrazione Andrea Riccardi segnala la situazione particolarmente critica di due Comuni calabresi, Acquaformosa (Cosenza) e Riace (Reggio Calabria).   Nel piccolo comune di Riace, che ospita 120 rifugiati, i fondi della protezione civile hanno raggiunto il ritardo di otto mesi. “I ritardi – si legge nella lettera – stanno mettendo a serio rischio la serena convivenza, fino a creare una grave emergenza di convivenza civile dovuta al rifiuto da parte dei fornitori storici di generi di prima necessità (alimentari, farmacie ecc.) di continuare a far credito”. Riace, si sottolinea, negli anni è stato preso a modello come progetto pilota per la straordinaria capacità di trasformare un territorio difficile come la Locride in un esempio conosciuto in tutta Italia e anche all’estero (tanto da suscitare l’interesse del regista Wim Wenders e far diventare il paese protagonista del cortometraggio Il Volo). Oggi questa esperienza “rischia concretamente di esplodere”.   

I sindaci di Acquaformosa e di Riace evidenziano inoltre i tempi eccessivamente lunghi per le convocazioni dei richiedenti asilo presso le commissioni territoriali incaricate di esaminare la domanda, tempi che giungono fino a un anno di attesa dopo l’arrivo in Italia, mentre la legge prevede che l’audizione si debba svolgere in tempi brevi e comunque non superiori a tre mesi dalla richiesta di asilo. Quasi il 70% delle domande, affermano, vengono respinte senza neppure vedere riconosciute le esigenze di protezione umanitaria. “Si tratta di persone che vanno tutelate e nei cui confronti va assolutamente evitato che possano trovarsi allo sbando nel territorio nazionale, privi di accoglienza e di regolare titolarità di soggiorno. Ne conseguirebbero gravi fenomeni di tensione sociale. La Calabria è una regione ad alto rischio di criminalità: negando una protezione internazionale o umanitaria agli attuali richiedenti asilo, queste persone, costrette a sopravvivere in qualche modo, verrebbero facilmente prese nelle file della “mano d’opera” della ‘ndrangheta, alimentando la zona d’ombra del lavoro illegale.   

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