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CASTROVILLARI – Un altro mistero nella lunga lista degli enigmi che costellano il giallo della morte di Denis Bergamini: una casa presa in affitto col suo nome, un po’ di anni dopo la morte. Il 22 maggio del 1993, ovvero a tre anni e mezzo da quel fatale 18 novembre 1989 in cui il centrocampista del Cosenza finisce morto davanti ai fari accesi di un camion, viene segnalata alla questura di Cosenza la registrazione di un contratto di affitto di un immobile a nome di Donato Bergamini. Non a nome di un omonimo del calciatore, ma proprio lui: quel Donato Bergamini nato ad Argenta il 18 settembre 1962.
La “denuncia di cessione fabbricato” – fino all’anno scorso obbligatoria, ma in pochi la facevano – riguarda chiunque cede la proprietà o il godimento, o a qualunque altro titolo, consente l’uso esclusivo di un immobile o di parte di esso, per un periodo superiore a trenta giorni. La legge stabiliva che l’identità del cessionario dovesse essere obbligatoriamente accertata dal cedente, mediante l’esame di un documento di identità; non erano ammesse altre modalità. Tali soggetti – prescriva la norma – «devono presentare la comunicazione, entro 48 ore dalla cessione, alla questura, oppure da inviare per posta, tramite raccomandata con ricevuta di ritorno, agli stessi uffici».
Ma chi ha potuto prendere in affitto un appartamento a nome di un morto?
Intanto è ormai una questione di giorni, se non addirittura di ore: le nuove indagini sul caso Bergamini, avviate dalla procura di Castrovillari sull’ipotesi che quello del calciatore del Cosenza non fu suicidio ma piuttosto omicidio volontario, sono di fatto complete. È prevista a breve una ultima riunione operativa tra i due magistrati che si occupano del caso – il procuratore capo Franco Giacomantonio e il sostituto procuratore Maria Grazia Anastasia – e gli ufficiali del nucleo investigativo del comando provinciale dei carabinieri di Cosenza. Agli uomini in divisa spetta il compito di consegnare e illustrare tutti gli esiti investigativi ai quali sono arrivati; ai magistrati il compito di tradurre quei risultati in una formula giudiziaria, in un capo di imputazione.
Si può anticipare senza temere di essere smentiti che quando carabinieri e procuratori si incontreranno al secondo piano del palazzo di giustizia di Castrovillari un dato sarà certo: Denis Bergamini, il pomeriggio del 18 novembre 1989, non è morto a seguito dell’investimento e del trascinamento del camion sotto il quale si sarebbe lanciato per uccidersi.
Sull’edizione cartacea i servizi completi a cura di Francesco Mollo
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