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TROPEA (VV) – Terremoto al Comune della “Perla del Tirreno”. Uno di quegli scossoni che potrebbe far cadere l’amministrazione. Di certo susciterà dure reazioni sia da parte degli schieramenti politici che dell’opinione pubblica perché a finire nel mirino della Procura della Repubblica di Vibo e del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza sono assessori e consiglieri comunali, nonché un dirigente dell’ente locale. Sei in quota Vallone, l’attuale sindaco, e uno nello schieramento di Repice, l’ex primo cittadino la cui giunta era caduta nell’agosto scorso per una sentenza del Consiglio di Stato a seguito del ricorso presentato dall’amministratore ora in carica. In più il funzionario dell’area economico finanziaria. I politici sono accusati di aver accumulato debiti con il Comune per tasse non pagate e riguardanti Tarsu, elettricità, acqua e quant’altro, per alcune migliaia di euro, ragion per le quali risultavano incompatibili con la carica, e che al momento della proclamazione avrebbero dichiarato il falso. False attestazioni a pubblico ufficiale è quindi l’ipotesi di reato contestata dal procuratore capo Mario Spagnuolo a seguito di una dettagliata informativa degli uomini diretti dal colonnello Michele Di Nunno. Dalle indagini condotte è emerso che erano debitori da più anni verso l’ente e come tali non avrebbero potuto essere eletti nel civico consesso. Il debito più basso era di 610 euro, ma in alcuni casi si era arrivati a quasi 10.000 mila euro con l’accumulo delle tasse sui rifiuti, sull’acqua e l’Ici non pagate. L’inizio dei mancati pagamenti risale alla fine degli anni ’90 ed in questo periodo l’ente aveva provveduto a inviare ai cittadini morosi solleciti ed ingiunzioni. I consiglieri, negli ultimi tempi, avevano saldato, almeno in parte, il debito, non pagando la mora, dopo che la minoranza consiliare di Tropea aveva sollevato la questione nel corso di una seduta dell’assise comunale svoltasi verso la fine dello scorso anno. Ma secondo la Procura di Vibo Valentia ciò non li esime dal reato di falso: era stato il procuratore in persona ad aprire il fascicolo dopo che il caso era stato posto, appunto, in Consiglio comunale, acquisendo, così, la notizia di reato. A Tropea si è votato per le amministrative nel marzo 2010 e fu proclamato sindaco Adolfo Repice, a capo della lista civica Passione Tropea, per soli tre voti di vantaggio su Gaetano Vallone, della lista civica Uniti per la rinascita. Il risultato è stato ribaltato il 3 agosto scorso dal Consiglio di Stato che ha indicato Vallone nuovo sindaco per un solo voto. A seguito di quello “scontro” a palazzo Sant’Anna, sede del Comune, i consiglieri di maggioranza erano partite pesanti accuse incrociate con i colleghi dell’opposizione che avevano sollevato la questione.

La contestazione mossa dalla Procura della Repubblica ai sette, tra assessori e consiglieri, di maggioranza attuale e passata, al comune di Tropea è l’articolo 495 del codice penale: Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri. In sostanza, finisce in un’indagine giudiziaria chiunque dichiari o attesti falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, l’identità o lo stato o altre qualità della propria o dell’altrui persona. E la pena massima prevista per un simile reato è la reclusione fino a tre anni. Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto in una dichiarazione destinata a essere riprodotta in un atto pubblico. La reclusione, in questo caso, non è inferiore ad un anno. Le false attestazioni contestate dalla Procura e dalla Guardia di Finanza che ha condotto l’inchiesta, erano inerenti ai debiti contratti nel passato e non saldati al momento della nomina in Consiglio comunale, ragion per la quale si verificava la condizione di incompatibilità ai sensi del dell’articolo 63 (comma 1 nr. 6) del Testo unico degli enti locali (Decreto legislativo  267 del 18/08/2000). Ma vediamo nello specifico cosa, questo, recita: “Non può ricoprire la carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale o circoscrizionale; colui che, avendo un debito liquido ed esigibile, rispettivamente, verso il comune o la provincia ovvero verso istituto od azienda da essi dipendenti è stato legalmente messo in mora ovvero, avendo un debito liquido ed esigibile per imposte, tasse e tributi nei riguardi di detti enti, abbia ricevuto invano notificazione dell’avviso di cui all’articolo 46 del Decreto del presidente della Repubblica del 29 settembre 1973, n. 602”.

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