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POTENZA – «Rocco, sono d’accordo, non sei nessuno, ma sei un artista che ha saputo scovare dentro di sé il talento, tutti siamo portatori di talento, bisogna cercarlo, io l’ho scoperto dopo tutta questa merda che mi è piovuta addosso».
Queste sono le parole di Marco Lopomo, un artista e solo in un secondo momento malato di sclerosi multipla, che consegna questa verità insieme ad una busta di plastica che contiene i suoi album jazz a Rocco Papaleo, in conclusione di circa due ore di un dibattito senza bussola e forse senza un particolare senso all’Università di Potenza, a rione Francioso.
Le parole di Marco – al contrario dell’abbastanza arido dibattito – sono cariche di passione e di verità. Lo stesso Rocco non aggiunge niente a questa testimonianza di vita davanti ad un’aula gremita di giovani, innamorati forse più del personaggio Papaleo che dell’artista con tanti anni di carriera alle spalle.
In attesa di Papaleo, è stato proiettato un documentario dedicato alla storia di Campomaggiore, alla leggenda dell’utopia costruita nel paese lucano, a cui l’attore ha dedicato un bel lavoro.
l lucano del momento arriva alle sedici e trenta circa, entra in aula sotto un tappeto di flash e di schiamazzi, qualche ragazza esclama un “sei bellissimo”, manco fosse Brad Pitt o magari un “mamma mia, quant’è bello”. Segno che il personaggio sanremese Papaleo è entrato e poco importa se fa perdere quasi tutto il finale del filmano durato più di un’ora.
Rocco dopo i saluti di rito del rettore Mauro Fiorentino e i saluti del presidente del consiglio regionale Folino, parte il Papaleo Show e spiega subito che ciò che vale di lui – ma in genere nello spettacolo – non è illuminato dai riflettori e mette subito in guardia la platea di giovani.
Una ragazza porta la sua testimonianza di mala-politica con il progetto “Un ponte per l’occupazione”, in tanti non capiscono cosa c’entri con l’incontro, ma Rocco la fa parlare. L’attore lauriota mostra il suo protagonismo con umiltà, non si considera il testimone della lucanità, ma è troppo intelligente per pensarlo davvero.
La Basilicata è una terra senza eroi, una terra che come dice lo stesso Papaleo gioca per pareggiare, forse non gioca affatto e quando qualcuno non solo si mette in competizione ma poi riesce anche a farcela, deve essere per forza un eroe.
Di fatti nonostante le sue parole gli interventi dei ragazzi sono tutti per la sua grande impresa, avercela fatta, qualcuno addirittura gli chiede consigli su come realizzare un sogno.
«Intanto devi averlo un sogno – spiega Papaleo – poi ti basta coltivarlo, fare di tutto per realizzarlo».
Si rivolge poi alla platea di politici dicendo che dopo tutto questo che è un lavoro personale è necessario il lavoro delle istituzioni. Lo dice lui stesso che queste sono cose banali, ciò che sembrava un dibattito diventa un incontro celebrativo. Almeno così si va delineando durante le due ore nelle quali Papaleo chiede serietà e di non fotografie ed applausi. Nulla di male, Rocco ha davvero fatto delle cose straordinarie, delle cose impensabili ed ha fatto nascere la speranza: dalla Basilicata qualcosa può uscire.
La speranza però è pericolosa quando i rimpianti, ma alla platea basta che durate il dibattito arrivi la telefonata a Rocco di Checco Zalone, prima, e di Arisa, poi, per esaltarsi ancora di più. Checco dalle parole di Papaleo a telefono esprime la volontà di iscriversi, nella prossima vita all’Unibas, ma probabilmente sarà troppo tardi. E’ incredibile come Papaleo riesca a riempire le aule molto di più che i solitari corsi accademici, erano anni che non si vedeva tanta gente in quei corridoi.
Arisa viene chiamata e salutata dal pubblico: si è fatta sentire fuori come la prima pilota donna d’Italia di Lavello, Maria che si fa chiamare Mery, anche lei incalzata dalla domanda di Papaleo è costretta a dire che è dovuta andare in Toscana per crescere.
Si chiude con le belle parole di Marco Lopomo e Rocco che saluta tutti perché dovrà essere a Roma in mattinata per lavoro. Rocco ora per la Basilicata è il successo perché come dice lo stesso attore lauriota se è vero che «essere lucano ora è chic» è così perché «in giro non sanno che stiamo nella merda».
Francesco Altavista
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