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CATANZARO – E’ il giorno di Giuseppina, Maria Concetta e Lea. Il giorno delle donne coraggiose, impegnate per regalare alle nuove generazioni un futuro di legalità, una nuova e bella Calabria. L’iniziativa che si è svolta al Musmi di Catanzaro, organizzata dalla Cgil dopo l’editoriale del direttore del “Quotidiano”, è l’occasione per un confronto e una riflessione “senza rete”. Un’occasione per sottolineare l’impegno e il senso civico di queste tre donne che hanno insegnato ad amare la nostra terra in nome della libertà.
SI PARTE DALLE PAROLE DELLE 3 DONNE. In una sala stracolma, che non è riuscita a contenere le tantissime persone che hanno deciso di partecipare, le lettere di Cetta, Giuseppina e Lea hanno aperto la manifestazione. Sono state le studentesse del liceo classico Galluppi di Catanzaro a leggere direttamente dagli atti processuali le ragioni che hanno spinto queste tre donne a rompere con il passato e a scegliere la legalità. Maria Rigillo, Cristina Rigillo, Martina Mancuso e Maria Concetta Molica, tutte studentesse del “Galluppi” hanno ricordato le parole di Maria Concetta, che nella missiva alla madre gli affida i figli e le chiede di perdonarla. Ed ancora, la missiva di Giuseppina Pesce che alla mamma sottolinea come la sua decisione sia maturata dalla spinta dell’amore di madre. E poi Lea Garofano che in una lettera al presidente della Repubblica chiede aiuto e sostegno, quasi nella consapevolezza che la sua vita sta per finire.
IL MESSAGGIO DI MARISA. Anche la sorella di Lea Garofalo, Marisa, ha inviato una lettera per sostenere l’iniziativa dell’8 marzo: «Lea, Maria Concetta, Giuseppina – ha scritto – ci confermano che la lotta alla ndrangheta è soprattutto battaglia culturale, il cambiamento parte da scelte concrete, personali e collettive allo stesso tempo. Oggi deve essere l’inizio di una battaglia contro le mafie che tutti insieme possiamo vincere». Riferendosi alle tre donne scelte come simbolo della giornata, ha poi auspicato che «il loro esempio possa diventare lo spunto per una presa di coscienza che incida nei comportamenti individuali e collettivi». Poi un commosso pensiero a Lea: «Rimarrai nei cuori e nei pensieri di tutte le persone oneste come te».
IL DIBATTITO. Dopo la proiezione del video del “Quotidiano della Calabria” sulle storie di Lea, Maria Concetta e Giuseppina, si è aperto il dibattito che ha permesso di riflettere non solo sul ruolo della donna, ma sul significato di impegno di tutta la società civile nella lotta alla criminalità organizzata e per affermare i principi di legalità. A partire dalla testimonianza diretta di Michela Avenoso, dirigente della Cgil, che ha ricordato l’esperienza dei propri nonni che hanno deciso di dire no al pagamento del pizzo e hanno visto esplodere il loro piccolo albergo. Ed ancora, la segretaria regionale della Cgil, Mimma Iannello, per la quale «abbiamo la responsabilità di fare vivere le scelte di queste donne, non per farne delle eroine, ma per cambiare questa terra». Il direttore del “Quotidiano”, Matteo Cosenza, ha ribadito che «non si nasce ‘ndranghetisti, buoni o cattivi, ma dipende molto dal contesto della società in cui si cresce, dalla scuola, dalle frequentazioni, dalle relazioni. Ci si può dividere su tutte le politiche – ha aggiunto – poi però c’e’ un terreno su cui bisogna ritrovarsi al di là degli steccati». Le esperienze di Carla Girasole, donna impegnata a guidare un Comune complesso come quello di Isola Capo Rizzuto, e Nunzia Coppedè, da anni in prima linea in nome dei principi di legalità, impegno sociale e volontariato, hanno permesso di riflettere sul ruolo che le donne possono avere nelle sfide di ogni giorno. Così come ha detto Antonella Barbarossa, direttrice del conservatorio di Vibo Valentia, che ha invitato i giovani a credere in quello che fanno, spingendo verso la necessità di avere «modelli viventi per combattere la ‘ndrangheta». La grande manifestazione di Reggio Calabria, promossa dal “Quotidiano” per dire no alla criminalità organizzata, ha dato lo spunto a Mimma Pacifici, segretario generale Cgil di Reggio, per affermare come «le donne riescano su alcuni argomenti a mandare un segnale migliore e diverso. Siamo più credibili, ma non dobbiamo fare l’errore di omologarci», sottolineando anche la necessità di «lottare affinché cambi il modello organizzativo delle nostre comunità». Secondo il giornalista dell’Unità, Gianluca Ursini, «siamo ad una svolta epocale, le donne ci stanno indicando la via attraverso la quale possiamo combattere la ‘ndrangheta”» Un impegno “rosa”, dunque, senza responsabilizzare troppo l’universo femminile, ma rendendolo protagonista e partecipe della svolta, come hanno ribadito Giovanna Vincelli, docente dell’Unical, Doris Lo Moro, parlamentare del Pd, e Amalia Bruni, direttrice della divisione regionale di Neurogenetica, che ha anche ricordato i legami che si creano tra i soggetti che fanno parte del sodalizio criminale. Le conclusioni sono state affidate al segretario nazionale della Cgil, Vera Lamonica, secondo la quale «queste tre donne stanno proponendo un grande tema, rispetto a come all’interno della struttura della ‘ndrangheta è possibile creare uno scatto che possa permettere di sconfiggerla».
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