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di ANTONIO DI PIETRO
Aderisco con convinzione all’invito lanciato dal direttore de ‘Il Quotidiano della Calabrià, Matteo Cosenza, per celebrare, in occasione della festa della donna, Maria Concetta Cacciola, Lea Garofalo e Giuseppina Pesce. Tre madri che hanno avuto il coraggio di dire no alla ‘ndrangheta e per questo hanno pagato, fino in fondo, le conseguenze della loro scelta con la morte o con l’esilio forzato.
Dal loro coraggio e dalla loro rabbia si è innescata una vera e propria rivoluzione. Mi riferisco alla rivoluzione di quelle donne calabresi che recriminano verità e giustizia, che tentano di fermare nuove stragi sulle strade e di salvare il destino dei propri figli. Oggi loro sono la spina nel fianco della ‘ndrangheta. Sono donne che hanno vissuto nella ‘ndrangheta, l’hanno respirata. Da essa sono nate, ma hanno scelto di passare dalla parte dello Stato. Donne che hanno condiviso un’esistenza oltre la legge e poi nella legge hanno cercato riparo. Cambiare si può. La lotta alla mafia si porta avanti innanzitutto facendo fino in fondo il proprio dovere nel rispetto della legalità e dello Stato. Maria Concetta Cacciola, Lea Garofalo e Giuseppina Pesce hanno scelto di vivere nel giusto. E la loro memoria deve diventare un esempio da seguire ogni giorno, anche per le future generazioni. La Calabria ha bisogno di liberarsi di questo cancro e di tutte le sue metastasi. Serve una rivoluzione culturale e democratica, e noi dell’Idv siamo pronti a portarla avanti.

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