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POTENZA – Piuttosto che passare per «responsabili» di una situazione dai contorni e le conseguenze ancora da definire, morti sospette, prodotti agricoli contaminati per anni e infiltrazioni di sostanze pericolose nella falda acquifera sottostante la “montagnola” di Serra d’Eboli a Corleto Perticara (anche su questo sono in corso accertamenti in sede di caratterizzazione del sito, ma il perito della Procura della Repubblica di Potenza ha usato parole rassicuranti), Total Italia ravvede «la necessità di attivarsi per contestare tale valutazione in tutte le sedi competenti». E’ l’annuncio di chi non sembra intenzionato a tirarsi indietro davanti a una possibile battaglia legale a colpi di ricorsi e, perchè no, richieste di risarcimento per i danni che potrebbero generarsi all’immagine di una delle più grandi compagnie petrolifere del mondo.
Nel carteggio tra la Regione Basilicata e la multinazionale francese c’è un vero e proprio braccio di ferro iniziato nemmeno 24 ore dopo la prima comunicazione alla società da parte del Ufficio prevenzione e controllo del dipartimento ambiente, il 28 aprile dell’anno scorso. L’imbarazzo è palpabile da entrambe le parti nelle affermazioni, le smentite, i dietrofront che hanno segnato l’avvio della conferenza di servizi che dovrebbe portare alla bonifica del sito dove qualcuno tra il ‘90 e il ‘91, secondo gli elementi raccolti dagli investigatori del Nucleo operativo ecologico dei carabinieri, ha sversato qualcosa come 2mila metri cubi di fanghi pericolosi prodotti dalla perforazione di uno dei pozzi della concessione per l’estrazione di petrolio dalla Valle del Sauro, contaminando materiale per dieci volte tanto.
Scrive il 2 maggio il direttore degli affari legali e societari di Total: «Dobbiamo rettificare parzialmente la nostra comunicazione in data 29 aprile, alla quale abbiamo risposto, come richiesto nel termine di 24 ore dalla ricezione, e con un’imprecisione di fatto dovuta all’urgenza. In effetti la nostra società conduce in locazione parte del terreno da voi indicato (…) quale successore nel contratto di locazione sottoscritto nel 1990 dal precedente titolare della concessione, Total Mineraria spa. La nostra società – precisano comunque gli affari legali della nuova Total – è subentrata in detto contratto solo in quanto operatore subentrato nella contitolarità della concessione mineraria per effetto di successivi passaggi di titolarità della stessa».
Che è successo? In pratica una volta ricevuta la comunicazione dalla Procura in Regione hanno inviato una nota a Total esplorazione & produzione Italia spa dove la ditta veniva indicata come «responsabile» della contaminazione di due siti: dove più e dove meno. Dove meno gli investigatori avevano scoperto che nonostante l’area risultasse abbandonata al pascolo delle mandrie dei pastori della zona e a forme povere di agricoltura, vista la scarsezza d’acqua, esisteva ancora un contratto trentennale di fitto tra Total e il proprietario dei terreni per poco più di undici milioni delle vecchie lire. Solo che a distanza di due anni quei terreni erano stati restituiti alle pecore dell’affittuario di tutti gli altri terreni dello stesso proprietario, e di quel contratto sembra che in tanti si fossero dimenticati. Oggi dimostra che almeno la prima fase delle operazioni di stoccaggio temporaneo dei fanghi di perforazione è stata gestita con una parvenza di legalità. Diverso è il discorso per il sito più contaminato dei due che ancora non si capisce in che modo fosse stato individuato per la realizzazione al suo interno di una discarica per rifiuti tossici e nocivi, un progetto che sarebbe stato approvato dalla Regione quando i fanghi erano già stati sepolti da quasi un anno, ma in realtà mai autorizzato.
Considerato il destino che è toccato al pastore che portava le sue bestie nella zona, morto nel 2008 per un carcinoma al rene, si capisce perchè la nuova Total non nasconda la sua ferma volontà di lavarsi le mani per l’accaduto vent’anni orsono, e ha cercato di indicare il vero responsabile per linea di successione nell’Eni, che al termine di una complessa serie di passaggi societari ha acquistato quella che era la “Total mineraria spa” dell’epoca.
La Regione, dal canto suo, sembra divisa tra la volontà di portare avanti in concreto la bonifica di una situazione esplosiva e la scarsità di risorse a disposizione. Così davanti al gesto di «fattiva collaborazione» di Total, che si offre per le spese del piano di caratterizzazione e poi di delimitazione dell’area sembra fare dietrofront rispetto all’individuazione delle responsabilità dell’accaduto. «In merito a quanto esposto – scrive il dirigente dell’Ufficio prevenzione lo scorso 20 giugno – con la presente rettifica la propria comunicazione riconoscendo la predetta società Total esplorazione e produzione Italia spa non responsabile della contaminazione delle aree in esame, fatto salvo l’esito degli accertamenti richiesti alla Provincia di Potenza». In fondo c’è un’indagine in corso della magistratura sull’accaduto. Se non ci pensano loro a indicare l’autore del misfatto, chi si sente di sfidare gli avvocati di Total?
Leo Amato
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