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di GIULIA VELTRI
La disperata richiesta di libertà e normalità di Giuseppina, Maria Concetta e Lea ha trovato gambe solide su cui camminare e una strada da percorrere. E’ il passo dei tanti calabresi che spontaneamente sono intervenuti in questi giorni sul “Quotidiano” a dare velocità e trazione a un progetto di riscossa al femminile nel quale coinvolgere il destino di tutti. Il “Quotidiano” mette a disposizione una strada in cui le idee possano cementare e mettere radici, una strada – per l’appunto – su cui camminare e crescere insieme.
L’iniziativa lanciata dal direttore Matteo Cosenza, di rendere l’8 marzo una giornata simbolo per tutte le donne vittima della criminalità organizzata, ha già raggiunto una meta, ovvero portare a galla il volto di una Calabria pronta a impegnarsi in una rivoluzione culturale, che ponga il genere femminile come la punta estrema e più avanzata del proprio cambiamento. Le donne, insomma, come variabile “impazzita” per restituire alla Calabria regole di normalità. Partiti, movimenti, sindacati, voci singole da giorni si alternano e si moltiplicano, ognuno per portare un contributo di idee e di impegno. C’è chi come la Cgil ha colto la palla al balzo e ha messo i piedi nel piatto, organizzando una grande discussione pubblica per la giornata delle mimose. Dalle parti della politica, le adesioni non hanno conosciuto barriere ideologiche o bandiere di partito. Fino a oggi sulle colonne del “Quotidiano” si sono alternati i dirigenti e le dirigenti di Sel e dell’Udc, del Partito Democratico e di Futuro e Libertà. Il tutto a testimonianza che le buone idee non hanno difficoltà a trovare paladini e la riscossa delle donne può rappresentare un campo neutro in cui far incontrare le migliori energie e le esperienze più pulite e solide su cui questa regione può contare. Il cemento della legalità si nutre dell’universo delle donne, dunque, e le parole coraggio e orgoglio trovano la loro migliore declinazione proprio al femminile. La dimostrazione ci arriva dal desiderio di esserci che più mondi calabresi hanno manifestato alle sollecitazioni partite dal direttore.
La riscossa è possibile, dunque, anzi è già in atto e ha ragione Elisabetta Tripodi, sindaco di Rosarno, testimone diretta di quanto violenta e cruda possa essere la mano della criminalità organizzata sugli amministratori donna, quando invoca un salto di qualità generazionale e stratificato: «Tutti noi – ha scritto sul Quotidiano qualche giorno fa – dobbiamo compiere ora un atto di coraggio collettivo, se veramente vogliamo dare ai nostri figli una Calabria diversa. Per questo non è più tempo di tacere».
E identica chiamata alla mobilitazione è arrivata anche da un altro sindaco di Rosarno – comunità tra le più esposte all’onnipotenza delle cosche eppure oggi tra le più sensibili e pronte a schierarsi – Giuseppe Lavorato. «Giuseppina, Maria Concetta e Lea – ha scritto – sono meritevoli dell’abbraccio dello Stato. Restare indifferenti, nell’opportunistica speranza che siano altri a opporsi alla ’ndrangheta e mettersi a rischio, è un comportamento miope che riduce le forze necessarie a vincere lo scontro».
Il tempo delle mediazioni e delle posizioni di comodo non è più possibile. Le storie di Giuseppina, Maria Concetta e Lea, i loro cuori di dolore hanno tracciato una linea di demarcazione. Ora occorre decidere da che parte stare.
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