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di CARMELO LENTINO
Seguo con attenzione, per ovvi motivi, il dibattito quotidiano sui temi del lavoro e non nascondo che alcune prese di posizione mi sembrano pretestuose. I dati dimostrano che il problema dell’occupazione giovanile resta una delle priorità di questo Paese, ma per risolvere questo “problema” serve un diverso approccio culturale. Dobbiamo, tutti assieme, capire se vogliamo guardare all’interesse particolare o riscoprire l’interesse generale, se vogliamo guardare al bene dell’Italia ed al futuro di questo Paese o se, più semplicemente, ciascuno di noi vuole continuare a coltivare il proprio orticello. È la filosofia di fondo quella che bisogna condividere, ed è per questo che le “barricate” non servono a nulla, se non a mettere in ginocchio un Paese che già non gode di salute. Nel mondo ci sono 75 milioni di giovani esclusi dal mercato del lavoro (il 12,7%), 4 milioni in più rispetto al 2007. Anche in Italia, le prospettive, in questo senso, non sembrano essere per nulla incoraggianti, soprattutto se consideriamo che attualmente il nostro Paese si trova ora ad affrontare una forte crisi e fatica a risalire la china. Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) a novembre era al 30,1%, in aumento di 0,9 punti percentuali rispetto a ottobre e di 1,8 punti su base annua. Oggi i giovani in Italia hanno ancora il diritto di vedere realizzati i propri sogni e di avere la possibilità di guardare al domani, alla vita e alla professione senza che queste siano considerate quasi un privilegio. Compito di chi ci governa è quello di dare tutti gli strumenti per scegliere, facendo comprendere anche le opportunità occupazionali in base ai percorsi formativi. Soprattutto si deve avere il coraggio di intervenire per abolire il valore legale del titolo di studio e lavorare sulla transizione dalla formazione al lavoro. I nostri giovani sono quelli che oltre ad essere vittime di un mercato del lavoro che li esclude da ogni attività, risultano anche non far parte di nessun percorso scolastico/formativo. Parliamo di due milioni di persone, il 22,1% tra i 15-29enni (2010), valore tra i più elevati a livello europeo. La meritocrazia deve essere la via maestra da seguire per permettere ai giovani d’oggi e del domani di potersi costruire una vita. Solo in questo modo si riuscirà a dare alle nuove generazioni l’opportunità di “giocarsi” il futuro nel migliore dei modi. Per i giovani lo tsunami della crisi e le difficoltà di trovare un lavoro si stanno tramutando in vere e proprie perdite di speranze e, sempre più, l’unica via di scampo sembra essere l’estero. Oggi nel nostro Paese il merito non è conosciuto, ma rimane uno dei pochi percorsi da seguire per uscire in maniera veloce e solida da questo momento di recessione. Solo un welfare che guarda ai giovani può riaccendere lo sviluppo di cui l’Italia ha bisogno e crediamo che i poteri, di ogni genere, non possano paralizzare il nostro Paese e tanto meno impedire la sua evoluzione. Bisogna avere il coraggio di osare, di non arroccarsi su posizioni storiche e di bandiera. Dopo gli interventi fatti dal Governo Monti sul liberalizzazioni, che – a mio giudizio – hanno portato nuovo ossigeno nel nostro Paese, ora la sfida è la concessione reale di credito. Il provvedimento, ad esempio, per le Srl semplificate è molto importante, ma adesso c’è bisogno di ulteriori interventi che ne incentivino e favoriscano il finanziamento. Norme importanti da approvare, e step successivi che, affrontando la realtà dei fatti, con coraggio e lungimiranza, dobbiamo assolutamente fare.
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