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Presidente, lei ha combattuto al fianco dei tre operai licenziati alla Sata di Melfi. Oggi, nello stesso stabilimento, i lavoratori 3431730033ff]continuano a denunciare episodi di punizione e repressione nei confronti di sindacalisti e iscritti alla Fiom, a opera degli stessi responsabili aziendali che contestarono il sabotaggio a Barozzino, Lamorte e Pignatelli. Crede che si tratti di una precisa strategia per colpire il sindacato che si è opposto al modello Pomigliano?

Oggi Marchionne viene criticato, al massimo, come un fenomeno di costume. E invece la sua è una gigantesca costruzione ideologica che serve a smontare lo Statuto dei lavoratori, e che serve a togliere centralita’ al lavoro e ai suoi diritti.
Ricordo che sono stato a Melfi durante i 21 giorni in quella che è stata definita come la “primavera” della classe operaia lucana, immaginata e voluta ignara dei propri diritti e priva di una consapevolezza che potevamo definire come coscienza di classe. Oggi non è più consentito nemmeno di poter nominare gli operai come classe perché nella profezia del moderno voluta da Marchionne gli operai devono essere soli privi di tutele, privi di contratto collettivo. Gli operai vengono sussunti nella narrazione del padrone e ne diventano un corollario e una appendice.
Sono stato a Melfi a fianco della battaglia della dignità e dei diritti di Giovanni, Antonio e Marco e non una volta soltanto. Questi episodi, che il vostro giornale ha messo in evidenza, appaiono come una conferma della strategia complessiva messa in campo dalla Fiat e a cui non sembra opporsi nessuno né nel governo né nel mondo della politica.
Le parole e le minacce del “capo” al lavoratore, che sono emerse sulla stampa, sono veramente intollerabili. Ed è inquietante che si tratti della stessa persona protagonista dei licenziamenti di Giovanni, Antonio e Marco. Occorrerebbe che anche la Fiat prendesse le distanze da simili episodi e assumesse i provvedimenti conseguenti, per non destare il sospetto che tali vicende possano essere il frutto di una macchinazione.

Alla Sata di Melfi, come all’Ilva di Taranto, negli ultimi tempi si sono registrate dimissioni in massa dalla Fiom Cgil. I metalmeccanici della Cgil, a siderale distanza rispetto a Fim e Uilm, fanno fatica a dialogare anche all’interno della stessa Confederazione. Senza contare che oggi avere una tessera Fiom può significare anche perdere il lavoro, com’è accaduto a Pomigliano. Non crede che così si rischi il totale isolamento?

Quello che sta accadendo a Pomigliano credo che potrebbe senza dubbio appartenere all’epica della resistenza partigiana, come quella raccontata da Fenoglio in cui i protagonisti sono costantemente costretti a resistere e combattere contro le avversità soverchianti, contro le intemperie, contro la stessa storia. Una storia di ‘partigiani’ costretti a resistere. Si potrebbe dire, anche per i lavoratori di Pomigliano, che questa loro resistenza rappresenti una scelta che non hanno scelto. Così come non si può decidere dove e quando nascere. Sartre parlava per la ‘scelta’ della resistenza come di una “condanna alla libertà”. Di quella angoscia paradossale che capovolge l’esistenza. Guardi, per gli operai di Pomigliano iscritti alla Fiom non bastano le parole per poter descrivere la loro dignità. Coloro i quali continuano a mantenere in tasca la tessera sono degli eroi del nostro tempo da cui apprendere una lezione. Ma a Pomigliano accade anche che molti abbiano lasciato la Fiom e sa cosa succede? Anche questi non vengono assunti per timore che possano rifarla, la tessera, una volta in fabbrica. Non credo che ci si trovi di fronte a fughe di massa ma, appunto, essere iscritti alla Fiom significa correre il rischio di perdere il lavoro. E le vicende di Melfi, come quella di Giovanni Antonio e Marco o quelle raccontate anche da voi in questi giorni, lo confermano. Ci troviamo di fronte alla negazione dei diritti civili e delle liberta costituzionali. È il momento che la politica e le Istituzioni rompano gli indugi ed intervengano per scongiurare questo scempio.
Vorrei chiedere, ad esempio, a quelli che non sono d’accordo con la Fiom: ma non sentite una mutilazione della qualita’ complessiva del Paese e della sua cultura democratica, di fronte a questi episodi?
Proprio perché non si puo’ assistere a questa mutilazione della cultura democratica del Paese che il 9 marzo saremo a fianco dello sciopero Fiom e di tanta parte dell’Italia migliore con il corteo a Roma .

E’ dei giorni scorsi la notizia della condanna del giornalista della trasmissione “Anno Zero” e della Rai per “informazione non veritiera e denigratoria” ai danni della Fiat. Ci dice cosa pensa a proposito di questa vicenda?

Quello che mi lascia perplesso è l’entità del risarcimento per la diffamazione. Un danno morale rapportato alle merci. Non mi piace una Europa in cui si tutelano i capitali e le merci e la loro circolazione mentre si ergono le barriere ai migranti e ai giovani della “primavera araba”. Non vorrei che si facesse strada una cultura in cui le merci hanno più valore delle persone. Questa sentenza mi lascia perplesso per questo. Poi c’è il sacrosanto diritto di critica. Ma non vorrei che il clima complessivo del Paese condizioni anche le scelte dei magistrati creando una sorta di censura preventiva.

In Basilicata abbiamo avuto modo di apprezzare la sua presenza su tematiche importanti, come quelle relative alla stessa Fiat e alla difesa dell’Acqua come bene comune. Una partecipazione sentita, a volte più di quanto sia accaduto per i nostri esponenti istituzionali regionali. Non trova che anche la politica lucana potrebbe fare di più?
Guardi, non mi piace intervenire nelle vicende di altri soggetti della politica che rispetto. Come lei sa, mi sto battendo a livello nazionale perché si eviti una deriva conservatrice o al peggio autoritaria. E che si pongano le premesse e le basi per una stagione di un centrosinistra che rappresenti una alternativa tanto alle politiche di Berlusconi che a quelle di Monti. Le scelte del partito democratico, anche in Basilicata, non saranno irrilevanti per la costruzione di una stagione alternativa che rimetta al centro il lavoro e i beni comuni, ad esempio. Andrebbe rilanciata una stagione dell’alternativa rispetto ad un sistema Paese che sta producendo un declino proprio mentre assistiamo ad un potere che rischia di riprodursi, nonostante le sue molteplici indecenze. Anche in Basilicata, quindi, sarebbe il caso che queste questioni siano all’ordine del giorno della agenda politica e al centro della iniziativa del centrosinistra. Qualora questo non accadesse sarebbe doveroso fare di più. Altrimenti non avrebbe senso parlare di centrosinistra.

La discussione sulla riforma del mercato del lavoro si fa sempre più rovente. Il Governo Monti è intenzionato a tirare dritto, con o senza intesa. Il che potrebbe mettere a dura prova l’appoggio anche del Partito democratico. Quali scenari si aprirebbero se questo accadesse veramente?

La discussione che si è aperta dentro il Partito Democratico è assolutamente interessante soprattutto dopo le ultime affermazioni di rappresentanti del Governo e della Marcegaglia sulla riforma del mercato del lavoro e sull’articolo 18. Quello che so per certo è, come ho avuto modo di dire in questi giorni, che il percorso prospettato da Walter Veltroni per il PD, così come una potenziale futura premiership per Corrado Passera, sono al di fuori del perimetro del centrosinistra ed il PD dovrebbe fare chiarezza al proprio interno per indicare una chiara scelta di campo. Le biografie sono evocative delle propensioni, degli ideali, dei modelli di società e, quindi, se davvero c’è chi nel Pd tifa Passera sono altrettanto certo che al popolo del PD piacerebbe un’alternativa chiara, forte, capace di dare speranza a un’Italia stremata. Guardi, tornando alla sua domanda, io sono assolutamente interessato al colloquio e all’alleanza con il PD e tuttavia se il Partito Democratico scegliesse una strada come quella indicata da Veltroni, di una contesa tutta sul terreno del liberismo tra due coalizioni identiche sul piano economico e sociale, io lavorerei comunque per una coalizione di governo che possa vincere le elezioni per governare il Paese.
Sinistra Ecologia Libertà non vuole assolutamente essere una sinistra minoritaria. Siamo nati per essere costruttori di una coalizione di governo, che governi il cambiamento, che metta al centro il lavoro e i suoi diritti. Che sappia coniugare diritti di liberta’ con diritti sociali.

Ieri, le parole del presidente Marcegaglia che, rispetto allo scontro sull’articolo 18, ha attaccato il sindacato accusato di proteggere “fannulloni, assenteisti cronici e ladri”. Mentre la possibilità di un dopo Marcegaglia guidato da Bombassei fa valutare a Marchionne la possibilità di un rientro in Confindustria. Si prospettano tempi duri per il futuro delle relazioni industriali?

Mah, non credo sinceramente che l’attuale livello delle relazioni industriali possa ulteriormente peggiorare sul piano qualitativo. Abbiamo assistito, a prescindere dalla adesione o meno a Confindustria, un Marchionne che, come un ariete, ha tentato di sfondare tutto ciò che sapeva di vecchie relazioni. C’è chi ha avallato, anche a livello politico, questo disegno ma nessuno che lo ha avversato veramente. Abbiamo assistito ad una sorta di subalternità culturale al marchionnismo a tutti i livelli. Adesso può darsi che vi sia aria di resa dei conti in Confidustria. Ma quello che dovrebbe preoccupare è che al momento sembra che l’unico spazio politico in Italia sia quello della contesa tra due destre. Del resto un po’ lo scenario che disegna Veltroni: una destra demagogico-populista quale quella che ci ha governato per un quindicennio; e una destra rigorista e più onesta. Questo è lo scenario in cui anche queste vicende interne a Confindustria si inseriscono. Non c’è spazio per la sinistra? Io non lo credo ma se la contesa fosse soltanto fra due destre, per il Paese ci sarebbe una povertà di futuro davvero angosciante.

Mariateresa Labanca

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