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LA 3434650033ff]lettera aperta che oggi “Il Quotidiano della Basilicata” pubblica in esclusiva non puo’ essere certo rubricata come corrispondenza di routine tra frequentatori delle risse di cortile che spesso urlano per apparire in Basilicata. Il mittente e il destinatario sono due tra i massimi rappresentati della razza padrona lucana. Tito Di Maggio ha ben meditato la sua mossa pubblica, e con una pagina ben studiata ci mette la faccia e la firma (aspetto raro della Basilicata) e lancia un missile terra-aria contro Pasquale Carrano, presidente in carica di Confindustria, che si apprestava a lasciare il suo mandato con buoni risultati di gestione unitaria interna, considerato che mai, fino a questo momento, si erano registrate frizioni e scontri tra le varie anime della piccola scena imprenditoriale lucana. Due questioni nodali compongono la rampa da cui si è involato lo Scud lanciato dal patron dei salotti materani. Il primo, sostanziale e di prospettiva, è legato alla lotta per la successione a Emma Marcegaglia : Di Maggio accusa Carrano di aver schierato Confindustria Basilicata sul versante che sostiene la presidenza di Giorgio Squinzi, senza aver consultato nessuno e avendo quindi deciso e scelto da solo ,utilizzando Confindustria “a titolo personale”. Una specificazione sibillina e al vetriolo, che lascia intendere che quella scelta sia stata frutto di trattative private utili non al collettivo ma al personale, una scelta va ricordato, resa pubblica lo scorso dieci febbraio, quando l’intero Comitato Mezzogiorno attraverso le sue diverse componenti annunciava di aver scelto Squinzi in modo unitario e condiviso. In quel caso i boatos fecero sapere che gli aquilotti meridionali convergevano sul candidato Squinzi, ricevendo ampie assicurazioni sul fatto di poter gestire in piena autonomia, nella prossima gestione, il capitolo imprenditoriale del Mezzogiorno. La vicenda ha assunto dimensioni nazionali quando l’antagonista di Squinzi, Alberto Bombassei, ha reso pubblica una lettera, simile per impostazione a quella diffusa oggi da Di Maggio, e che il Giornale di Sallusti così ha raccontato: “Basta un titolo del Sole 24 Ore, che in teoria dovrebbe essere campo neutro, a scatenare le ire del patron della Brembo: «Confindustria, Squinzi parte avanti». Bombassei diffonde allora una lettera polemica contro il Comitato Mezzogiorno dell’associazione accusato di aver espresso un endorsement a Squinzi privo di basi concrete nei territori rappresentati, un’operazione dei vertici meridionali fedeli a Emma Marcegaglia (che tifa per Squinzi) per orientare l’opinione della giunta che deve scegliere il presidente il 22 marzo”. E’ evidente che la battaglia di marzo si sta combattendo nei corridoi e anche nei giornali, il nostro compreso. Tito Di Maggio, che non ci sfugge essere anche il referente lucano di Italia futuro, soggetto politico di Montezemolo, sostiene la presidenza Bombassei, che ieri ha ottenuto un significativo sostegno da Marchionne. Il manager della Fiat non ha avuto alcuna remora nel dichiarare: “Nel caso di una vittoria di Bombassei potremmo anche rientrare in Confindustria”. Questa robusta area politico-imprenditoriale in Basilicata ha perso in cordata Attilio Martorano, ex presidente di Confindustria e luogotenente politico del nobile manager Luca, oggi sostituito da Tito Di Maggio. La vicenda è quindi anche molto locale e Di Maggio, un passato da liberale ai tempi di Valerio Zanone, non fa mancare elementi che interessano la giunta in cui Martorano ha salvato la poltrona, ma riservando l’assalto centrale del suo tridente contro Pasquale Carrano: un riferimento cattivo quello della lettera odierna alla recente e furibonda polemica che si è registrata tra lo stesso Di Maggio e l’ormai defenestrato, ex assessore Erminio Restaino. Oggetto della contesa era in quel caso il disegno di legge sui distretti, bocciato senza mediazioni dal presidente della sezione Legno, Di Maggio, designato per investitura confindustriale, e che dopo aver adombrato un ruolo non terzo di Lillino Lamorte, presidente della Camera di Commercio di Potenza, ora accusa Carrano di non aver preso alcuna posizione alludendo a questioni “personali”. Carrano in quell’ambito legislativo si era preoccupato di tutelare visione e strategia con la Regione nell’ambito della rete d’impresa, infatti non si ricordano interventi e comunicati sulla contestuale riforma dei distretti. E’ evidente che Di Maggio, dopo la convulsa parentesi politica materana accanto al sindaco Buccico, ha deciso di essere molto presente sulla scena politica regionale, scegliendo i temi piu’ popolari del dissenso lucano, ma anche dando battaglia ai piani alti della rappresentanza d’impresa locale, spesso intrecciata con il potere politico.
Pasquale Carrano, a differenza del suo predecessore Martorano, non ha interessi politici diretti, e a fine mandato tornerà alle sue floride aziende. Egli, comunque, ha delle interlocuzioni politiche e tra Cnel e ruoli meridionali resta uomo di cerniera del nuovo schieramento tecnico di Confindustria. Resterà in silenzio ora secondo il suo stile comunicativo o darà risposte a chi, in buona sostanza, ne chiede le dimissioni? Difficile anticiparlo. Quello che preoccupa è lo scenario locale complessivo. Se il sistema Italia è isolato in ambito globale, quello della Basilicata lo è ancor di più nella piattaforma italiana. Le allarmanti vicende della Fiat non registrano interventi ne’ della politica locale, né di Confindustria Basilicata. La nuova giunta nei suoi primi passi è inciampata proprio sui temi del lavoro. Annunci e rimedi di giornata, sospettati di cercare il consenso e non orientati a risolvere la crisi: il De Filippo bis appena nato ha già bisogno dell’incubatrice. E se la migliore imprenditoria locale si fa anche la guerra l’orizzonte non è certo roseo. Ieri il ministro Barca in viaggio istituzionale nella sua Puglia, nella vicina Barletta, ha potuto parlare di un’industria locale che non solo si difende, ma resiste e anche aggredisce la crisi. In Basilicata De Filippo puo’ anche essere in sintonia con il ministro, ma deve convenire che la nostra industria è in crisi. Soprattutto d’idee e d’identità. Ci pensino pure Carrano e Di Maggio mentre si combattono per chi deve vincere in Confindustria.

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