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«Dal mio punto di vista di Procuratore della Repubblica e senza pretesa di dare lezioni a nessuno, mi auguro che non si ceda né alla tentazione di sottovalutare il pericolo costituito dalla ‘ndrangheta né alla rassegnazione di fronte alla sua forza e alla sua pretesa invincibilità». Questo uno dei passaggi di un’intervista che il neo procuratore della Repubblica di Roma, Giuseppe Pignatone, ha rilasciato al ‘Quotidiano della Calabria’ e pubblicata integralmente nell’edizione di oggi.
«Le donne – dice ancora Pignatone a Michele Inserra che lo ha intervistato – hanno un ruolo chiave nella società meridionale e quindi anche nella ‘ndrangheta. Sono le custodi dei valori familiari e quelle che più degli uomini influiscono sul destino dei figli e quindi sul futuro della famiglia e perciò anche dell’organizzazione criminale. Questo spiega la violenza della reazione al tentativo di Giuseppina Pesce, Maria Concetta Cacciola o Lea Garofalo di scegliere un destino diverso per sé e i loro figli. La ‘ndrangheta è consapevole che il suo destino dipende anche dalle scelte di tante donne finora silenziose e rassegnate. La società civile deve trovare il modo di aiutare queste donne a scegliere per sé e i figli un destino diverso. In questo senso l’iniziativa del Direttore del vostro giornale per celebrare l’8 marzo nel nome di Maria Concetta Cacciola e Lea Garofalo è un passo importante nella giusta direzione».
Sul contrasto all’area grigia Pignatone risponde così: «E’ chiaro che c’è moltissimo da fare. Le mafie non sarebbero quello che sono se non ci fosse l’area grigia. Però rispetto al passato conosciamo meglio il fenomeno e siamo quindi in condizioni di contrastarlo meglio. Credo che sia un risultato significativo avere accertato e sanzionato in sede processuale casi, anche assai gravi, di collusione con politici, imprenditori di rilievo, uomini degli apparati dello Stato e così via. Compito della magistratura è perseguire le responsabilità individuali; le indagini dimostrano però che non ci sono settori della società assolutamente immuni dal rischio del contagio mafioso come non ci sono settori in cui tutti sono colpevoli».
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